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    Corporate Social Responsibility, SDG e PMI

    di piero valentini


Venerdì 22 giugno è stato presentato presso il Ministero dello Sviluppo Economico il VII Rapporto di indagine sull’impegno sociale delle aziende in Italia a cura dell’Osservatorio Socialis.

Su un campione di 400 aziende con più di 80 dipendenti, emerge che l’80% delle imprese si impegna in iniziative di Corporate Social Responsibility (più del doppio di sedici anni fa quando fu realizzato il primo rapporto) mettendo in campo un investimento complessivo di quasi un miliardo e mezzo di euro (1,412 mld, il 25% in più rispetto all'anno precedente). Insomma in Italia non si è mai investito così tanto in CSR e sembra essere alle spalle la contrazione collegata agli anni del picco della crisi economica. E le stesse imprese prevedono nei prossimi anni di investire ancora di più!

In generale emerge che investe di più in CSR chi è quotato in borsa, sopratutto nei settori finanza, industria elettronica e farmaceutica. In cima alla classifica delle motivazioni compaiono “sensibilità ambientale” e “vantaggio nella gestione delle relazioni con territorio, stakeholder e banche”. Si noti che l’85% di chi ha speso in CSR ritiene che questo investimento renda rendono “più attrattiva e affidabile in termini di accesso al credito e come possibile oggetto di investimenti”.In effetti i fondi di investimento sono più propensi ad investire su realtà "responsabili" non solo perchè eticamente più degne ma anche perchè avendo analizzato e riflettuto sul proprio contesto, sulle relazioni con i propri stakeholders nel medio e lungo periodo, sono realtà maggiormente in grado di affrontare il cambiamento.

Le ricadute riconosciute (non solo attese) dell'investimento in CSR sono anche interne: all'aumento della fidelizzazione dei clienti (40%), e all'agevolazione dei rapporti con le comunità locali (49%) si affianca infatti il miglioramento del clima interno e il maggior coinvolgimento del personale (44%), anche se il 40% delle imprese coinvolte in CSR ritiene indispensabile formare il personale per consolidare comportamenti responsabili duraturi.

Sembra insomma essere un buon momento per la CSR, ma proprio per questo è utile riflettere su come fare ancora meglio. Se il rapporto riflette sul ritorno della CSR per le imprese che vi investono, quali strumenti sono più adeguati per un bilancio del ritorno di tali investimenti sulla società e sull'ambiente circostante? Quali caratteristiche dovrebbe avere un investimento in CSR all'altezza della sfida degli obiettivi di sviluppo sostenibile e di responsabilità sociale rispetto alla qualità della vita dei territori?

E la domanda forse più importante: quali modi immaginiamo o conosciamo per costruire percorsi di social responbility per imprese medie, piccole o micro? Dato il loro peso sia sul numero di imprese totali che sul numero di addetti, gran parte della sfida sul raggiugimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 (sdg) si gioca su questo fronte. Si tratta di un soggetto per certi versi paradossale perchè da un lato non dispone di personale da dedicare specificamente al bilancio sociale e che tende a ritrarsi da tutto ciò che lontanamente somiglia a moduli da compilare, dall'altro si tratta di realtà spesso virtuose e attente al loro contesto senza il quale non vivrebbero. Proprio qui il paradosso, virtù forse più diffuse di quanto crediamo, ma che non hanno modo di rendersi visibili all'esterno.

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Ultimi 3 contributi di 3 totali

Caterina Berbenni-Rehm

13/11/2018 alle 08:44

Piero, buon giorno,

concordo con quanto esprimi. In passato discutemmo a lungo in Comunità Europea e con esperti di diversi paesi europei alla ricerca della risposta alle tue ultime domande.

Abbiamo riconosciuto quanto sia essenziale eliminare la pseudo-collaborazione per creare la cultura della collaborazione autentica, dove ogni parte coinvolta nell'eco-sistema riconosce quanto deve dare e quanto deve ricevere per costruire il fondamento di base: la fiducia. A questo si aggiunge l'economia di rete necessaria per ottimizzare tempo e costi in modo misurabile...e molto di pù.

Dai un'occhiata all'articolo pubblicato dalla CE nello 'Open Innovation 2.0 Yearbook 2017/2018': https://www.promis.eu/eu/files/2018/05/OpenInnovation2.0_EN.pdf  se trovi spunti interessanti, fallo sapere.

 

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Maurizio Mesenzani

02/07/2018 alle 11:21

Grazie Piero. Il tuo post sulla CSR è ricco di spunti interessanti. Ho sempre "cercato" di occuparmi di responsabilità sociale, trovando però molte resistenze. Il tema chiave è il possibile ritorno sull'investimento: tu citi elementi quali la fidelizzazione dei clienti, il clima interno, i rapporti con le comunità locali, ecc.. Su questi punti ci sono anche modelli specifici di marketing (vedi ad esempio gli ultimi testi di Porter) o le teorie sul marketing etico. Si potrebbe anche valutare qualche forma di certificazione riconosciuta, e magari anche obbligatoria per legge, mettendo a fattor comune le varie certificazioni e i vari adempimenti già obbligatori su altri fronti (es. GDPR, sicurezza sul lavoro, ma anche ISO...). Che ne dici?

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Luigi Rosati

30/06/2018 alle 16:55

Seguo la CSR dai suoi "esordi" e mi viene spontaneo chiedermi se sia ancora un modello valido. Nella DX il rapporto tra aziende e clienti è mutato radicalmente, portando le persone destinatarie di prodotti e servizi all'interno di un dialogo paritario, in cui la relazione è bilanciata da concetti come la reputation, il modello di acquisto e retail e - più in generale - da una una maggiore autonomia e centralità del cliente nella gestione dei processi di acquisizione e nel rapporto con i produttori. Questo ovviamente è vero anche per il rapporto tra aziende e ambiente di riferimento; le reti non sono più solo quelle tradizionali, locali e chiuse, ma si aprono al mondo intero. Allora la CSR non è forse più una caratteristica distintiva ma un elemento imprescindibile. Come dire: le imprese investono nel loro ruolo sociale con clienti, lavoratori e stakeholder? Mi sembra il minimo!

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