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    Cuore su chip e chirurgia in 3D: i traguardi dell’Ingegneria biomedica

    Il futuro della medicina in mostra con il PoliMi alla Notte dei Ricercatori

    di Redazione Open Innovation | 09/09/2019

Uno stand arricchito da competenze diverse e complementari, per raccontare ai cittadini le ultime frontiere della ricerca biomedica. Come la creazione di organi su chip su cui testare i nuovi farmaci, per sostituire le sperimentazioni sugli animali. O come l’utilizzo di visori di Realtà Aumentata per il supporto agli interventi chirurgici: una tecnologia sviluppata dal Politecnico di Milano, e protagonista a metà luglio di un’eccezionale operazione al cuore su una paziente di soli sei anni.

Questo e altro mostreranno all’edizione 2019 della Notte dei ricercatori tre docenti del Biomechanics Group del Dipartimento di Elettronica, Informatica e Bioingegneria del PoliMi, ovvero Alfonso Gautieri, Marco Rasponi e Alberto Redaelli. Qui raccontano la propria attività, che si preparano a far conoscere a un pubblico il più ampio possibile il prossimo 27 e 28 settembre a Milano.

 

“Sviluppiamo algoritmi computazionali per progettare le varianti più promettenti di nuovi enzimi - proteine che accelerano reazioni chimiche - per diversi settori industriali”.

 

Gautieri, su cosa vertono le sue ricerche?

“Per quel che mi riguarda, io seguo più direttamente la parte di nanoscala e della ingegnerizzazione di proteine. In particolare, uno dei nostri ambiti di ricerca principali ha come obiettivo quello di sviluppare algoritmi computazionali per progettare nuovi enzimi di interesse industriale. Diversi enzimi, vale a dire proteine che accelerano reazioni chimiche, vengono utilizzati attualmente in vari processi industriali, ad esempio nei settori alimentare, tessile, chimico e farmaceutico. Tuttavia, non sempre gli enzimi presenti in natura sono direttamente utilizzabili, perchè poco stabili o non abbastanza attivi. Nella nostra attività usiamo metodi all’avanguardia basati sulla modellistica molecolare per fornire dettagli a livello atomico degli enzimi di interesse. Questo ‘microscopio virtuale’ ci permette di ottenere informazioni fondamentali, altrimenti non accessibili con caratterizzazione sperimentale. In seguito, grazie alla nostra pipeline di simulazioni al computer siamo in grado di analizzare in poco tempo migliaia di varianti dell’enzima oggetto di studio, e proporre ai nostri partner le varianti più promettenti per la validazione sperimentale”.

 

“Un organoide permette di creare condizioni patologiche dell’uomo per le quali altrimenti non sarebbe possibile testare farmaci”

 

Rasponi, a lei che si occupa di sistemi bioartificiali a livello di microscala chiedo invece: in che modo i test di farmaci con gli organi su chip risultano più efficaci?

 

 

“La ricerca relativa al primo polmone su chip è stata pubblicata sulla rivista Science da ricercatori dell’Università di Harvard ormai diversi anni fa: si tratta di un lavoro finanziato dal National Institute for Health e dalla Food and Drug Administration che ha riscosso grande interesse, sia tra i ricercatori sia nell’industria farmaceutica. Quello che si è capito ricoprendo un chip di cellule polmonari umane viventi, è che i farmaci testati su organoidi rispondono in modo più preciso e predittivo, simulando patologie tipiche dell’apparato respiratorio.

In Italia abbiamo altri centri di ricerca molto attivi su questo fronte, e a oggi diverse aziende in Europa, Stati Uniti e Asia stanno sviluppando organi su chip, inclusa una startup spin-off del Politecnico di Milano, ovvero BiomimX.
L’orizzonte è promettente: disporre cellule su matrici tridimensionali mimando le funzionalità degli organi permette di analizzare, ad esempio, condizioni patologiche tipiche dell’uomo che altrimenti non sarebbe possibile testare. Nel caso della cartilagine, ad esempio, abbiamo dimostrato che è possibile produrre una degradazione a livello meccanico e fisiologico che in soli sette giorni arriva a simulare una condizione di osteoatrosi: una novità importante, dal momento che non esistono modelli preclinici affidabili per questa patologia”.

 

“I nostri ologrammi di Realtà Aumentata permettono di visualizzare il campo operatori in 3D e individuare problemi altrimenti invisibili”

 

Redaelli, la sua attività si colloca invece a livello di macroscala: di cosa si sta occupando?

 

 

“Attualmente seguo l’uso di ologrammi di Realtà Aumentata per la pratica clinica, collaborando a diversi progetti. Da tempo mi occupo dell’attività di simulazione e di progettazione degli interventi chirurgici, circa tre anni fa allora ho pensato di trasporre la nostra conoscenza in proposito - modelli e metodi - in 3D, per costruire dei modelli virtuali che poi vengono percepiti attraverso visori sofisticati, come gli Hololens.  Di fatto, si tratta di veri e propri computer sotto forma di occhiali, per cui sviluppiamo immagini tridimensionali degli organi visualizzate poi da chirurghi o cardiologi. E queste immagini risultano utilissime: non solo forniscono una percezione del tutto diversa del campo operatorio, e cioè molto più completa, ma permettono anche di individuare precocemente eventuali malfuzionamenti degli organi.

Pensiamo ad esempio al cuore di un bambino, che ha un diametro di soli quattro centrimetri: difficile in questo caso riuscire a individuare eventuali fori non fisiologici nel muscolo cardiaco utilizzando delle immagini bidimensionali. Di recente, questa tecnologia è stata protagonista di un’operazione chirurgica straordinaria portata a termine al Policlinico di San Donato. Una bimba di sei anni presentava una massa tumorale al ventricolo sinistro, e i chirurghi hanno utilizzato proprio la nostra tecnologia per visualizzare al meglio il tumore in 3D, decidere quale fosse la via d’accesso migliore e dunque come intervenire per rimuoverlo senza provocare danni”.  

 

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