• Premio Lombardia è Ricerca

    De Luca: “Staminali e terapie geniche per la pelle, ecco gli obiettivi”

    I prossimi traguardi del team vincitore del “Premio Lombardia è Ricerca” 2018

    di Redazione Open Innovation | 03/09/2019

Il suo nome è noto a livello internazionale per la prima sperimentazione al mondo di una terapia genica ex vivo di una forma di Epidermolisi Bollosa (EB), rara malattia genetica che provoca diffuse lesioni bollose sulla pelle e può anche essere mortale.

Michele De Luca, Direttore del Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” all’Università di Modena e Reggio Emilia, dove è Professore Ordinario di Biochimica, per questa scoperta nel 2018 ha ricevuto da Regione Lombardia il Premio “Lombardia è ricerca” da 1 milione di euro, insieme alla professoressa Graziella Pellegrini, Coordinatrice della Terapia Cellulare e Ordinario di Biologia Applicata a UniMoRe, e al chirurgo tedesco Tobias Hirsch, che ha trapiantato l’80% dell’epidermide di un bimbo siriano di 7 anni con la pelle geneticamente modificata dai due ricercatori.

 

“Abbiamo avviato una collaborazione con l’Immunologia dell’ospedale San Raffaele di Milano. Il Premio è estremamente importante per continuare le ricerche sull’EB nella forma giunzionale e in quella distrofica, per cui abbiamo già iniziato una sperimentazione clinica di fase 1 e 2”.

 

 

Professore, partiamo dal Premio Lombardia è Ricerca che ha ritirato lo scorso 8 novembre al Teatro alla Scala con Pellegrini e Hirsch: come lo utilizzerete?

“Per me è stato un bel riconoscimento, dopo tanti premi all’estero finalmente uno in Italia. Ci è e ci sarà estremamente utile, sotto due profili. Anzitutto, perché non si tratta di un finanziamento classico con una scadenza nell’arco di uno o due anni e questo è importante per le terapie geniche, che dopo l’introduzione delle nuove regole UE hanno tempi di sviluppo molto lunghi.

In generale, il Premio di Regione Lombardia ci aiuterà a proseguire la ricerca sulla forma giunzionale dell’EB, quella di cui soffriva il piccolo Hassan (in questo video il racconto della scoperta da parte di De Luca alla Giornata della Ricerca dell’8 novembre, ndr): abbiamo già contatti con l’EMA (l’Agenzia Europea per il Farmaco) per arrivare alla registrazione della terapia. Ma ci sono altre forme di questa malattia come quella distrofica, che ora vorremmo indagare. Per questa in particolare abbiamo già iniziato una sperimentazione clinica di fase 1 e 2. Abbiamo così potuto confermare che ha caratteristiche diverse da quelle della forma giunzionale, c’è ancora della ricerca da fare su alcuni aspetti fondamentali: in particolare per quel che riguarda la parte più applicativa della terapia genica, con il controllo delle infiammazioni e dell’ambiente in cui le cellule staminali devono essere applicate”.

È su questo fronte che si attiverà la vostra collaborazione con l’ospedale San Raffaele di Milano?

“Sì, la collaborazione - molto importante - è già avviata: la sua Immunologia ha gruppi con un’enorme esperienza nelle terapie avanzate e nei trapianti, che ci consentirà di utilizzare al massimo quello che stiamo facendo qui a livello molecolare e cellulare e il finanziamento del Premio Lombardia è ricerca sarà estremamente importante per sviluppare queste ultime ricerche”.

Un passo indietro, per dare un’idea delle complessità del vostro lavoro: come si arriva a una scoperta come quella che ha salvato il piccolo Hassan?

“I tempi sono stati più lunghi del previsto, devo dire non a causa nostra. La nostra prima scoperta sulla possibilità di rigenerare un tessuto solido grazie alle cellule staminali l’abbiamo pubblicata su Nature Medicine nel 2006. Nel 2007 eravamo pronti a continuare la sperimentazione sullo stesso paziente e poi su altri pazienti quando è cambiato tutto, dopo l’approvazione della Direttiva 1394 con cui la UE ha equiparato lo sviluppo di terapie avanzate a quello di veri e propri farmaci. Per noi è stato un autentico sconvolgimento: il percorso di approvazione di un farmaco prevede infatti numerosi passaggi, dalle sperimentazioni di fase 1 e 2 alla trasmissione dei risultati alle autorità di controllo, dalla fase 3 alla registrazione e approvazione del farmaco da parte della FDA per il mercato USA, dell’EMA per l’Europa.

Si tratta di un cammino per cui le strutture accademiche non erano attrezzate. Nel nostro caso, solo per fare un esempio, per produrre le colture di cellule necessarie a una terapia genica abbiamo dovuto passare alla fornitura da parte di una realtà certificata GMP; quindi abbiamo dovuto creare una struttura da zero, ovvero il Centro di Medicina Rigenerativa costruito grazie al contributo della Cassa di Risparmio di Modena. Solo per questo ci sono voluti due anni, altri due sono serviti per avviare uno spinoff, Holostem Terapie Avanzate S.r.l., necessario per avere figure professionali, tecnologie e procedure inedite per l’accademia e nato grazie all’interesse di un’azienda emiliana, la Chiesi Farmaceutici, e della nostra università, in cui il CMR è ospitato. Se poi calcoliamo quattro-cinque anni per le sperimentazioni da parte della nuova startup, ecco che arriviamo al 2015, al caso di Hassan e alla registrazione di un’altra terapia cellulare, quella di Holoclar per la cornea: si tratta della prima terapia formalmente a base di staminali autorizzata nel mondo”.

 

Mi complimento con Regione Lombardia per la scelta dei focus del Premio, sia quella sulla Medicina Rigenerativa sia quest’ultima hanno centrato quelli che sono i nuovi trend della ricerca nelle Life Science”

 

La vostra ricerca dunque ha dato vita a un’azienda biotecnologica: anche questo un risultato non comune…

“Sì, il percorso imposto dalle nuove norme ci ha spinto in questa direzione. E voglio precisare, a scanso di equivoci: le regole introdotte dalla UE sono complesse da seguire, ma sono fondamentali per proteggere i cittadini da truffe sanitarie come quella del caso Stamina. L’altra conseguenza di questa nuova normativa è che nel caso di terapie avanzate obbliga di fatto a una stretta e continua collaborazione tra pubblico e privato, tra università e industria: questo offre un indubbio vantaggio alla ricerca accademica in termini non solo di sviluppo ma di controllo della qualità, non a caso è un modello che diverse università nel mondo stanno studiando. E che mi auguro possa essere seguito sempre più anche in Italia”.

Veniamo ai tempi: quando sperate che una cura rivoluzionaria come quella utilizzata per Hassan possa diventare ‘standard’?

“Previsioni certe non posso farne, visto che come detto gli iter autorizzativi non dipendono da noi. Diciamo che il nostro obiettivo sarebbe avere la registrazione FDA ed EMA della terapia per la forma giunzionale dell’EB nel corso dei prossimi due-tre anni. Per quel che riguarda invece la forma distrofica, su cui ci stiamo principalmente concentrando grazie anche ai fondi del Premio Lombardia è ricerca, vorremmo completare gli studi di fase clinica 1 e 2 in Europa nell’arco di un paio di anni, per arrivare in cinque-sei anni alla registrazione della terapia. Noi ci mettiamo tutta la nostra volontà, speriamo non ci siano ostacoli: anche perché è un traguardo che vorrei tagliare prima di andare in pensione!”.

Quest’anno il ‘Premio Lombardia è ricerca’ andrà a una scoperta rilevante nell’ambito dell’Healthy Ageing, l’invecchiare in salute: che ne pensa?

“Non sono ovviamente un esperto del ramo ma posso dire questo: mi complimento con Regione Lombardia per la scelta dei focus del Premio, sia quella sulla Medicina Rigenerativa sia quest’ultima hanno centrato quelli che sono i nuovi trend della ricerca nelle Life Science. Posso ben dirlo per il mio settore, un ambito di ricerca nato in sordina più di venti anni fa per iniziativa di alcuni ricercatori ‘sognatori’ come me e inizialmente snobbato dal mondo scientifico e soprattutto dalle aziende farmaceutiche, mentre oggi viene riconosciuta come una delle frontiere più promettenti per i prossimi venti-trent’anni. Allo stesso modo, l’Ageing si è andato imponendo come un campo di ricerca fondamentale: del resto la vita media si è allungata in modo impressionante e quindi le patologie legate all’invecchiamento sono in costante crescita, come quelle degenerative: non solo a livello neurologico, penso ad esempio alla maculopatia che può portare alla cecità e che è strettamente legata alla vecchiaia, o a malattie metaboliche. L’aspetto interessante è che per molti versi Medicina Rigenerativa e Ageing sono destinate a incontrarsi sempre più, perché molte delle patologie correlate all’invecchiamento richiedono terapie cellulari: si tratta di ambiti di ricerca che vanno sostenuti, anche con la visibilità che un Premio come “Lombardia è ricerca” può portare”.

 

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