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    Verso una rete unica di banda ultralarga con Tim e Open Fiber: cosa c’è da sapere

    L'accelerazione sulla nuova società, AccessCo, e la sentenza UE sul ruolo dei francesi di Vivendi

    di Redazione Open Innovation | 04/09/2020

L’Italia sembra avviarsi verso la nascita di una rete unica nazionale di banda ultra larga, che potrebbe prendere forma nella prima metà del 2021 grazie alla fusione tra una nuova società, creata ad hoc da Tim, e Open Fiber, controllata da Enel e da Cassa Depositi e Prestiti (CDP). Obiettivo: la diffusione della fibra ottica per colmare il digital divide tra le diverse aree del Paese e tra Italia e altri Stati - su questo fronte siamo solo 25esimi a livello di Unione Europea.

Il via libera dell’esecutivo al progetto è arrivato la sera del 31 agosto, quindi sono seguiti quelli dei CdA di CDP e di Tim al progetto. Anche se ora l'intero quadro diventa fluido, dopo la recentissima sentenza della Corte di Giustizia UE che ha accolto il ricorso della francese Vivendi rimettendo in gioco la sua quota del 28,8% (prima 'relegata al 9,98%) dentro Mediaset.

Tra gli effetti a cascata del pronunciamento infatti ci può essere l'apertura a una posizione analoga all'interno di Tim, che avrebbe la maggioranza del capitale della futura società di controllo della rete unica. Un rebus ancora tutto da decifrare.

Il contesto e i numeri della BUL in Italia

A oggi rimangono alcuni punti fermi. La banda ultralarga (BUL) permette di inviare dati ad altissima velocità, ovvero 100 Megabit per secondo - quella che l’Agenda digitale europea chiama “ultra fast broadband” -, oppure ad almeno 30 Mbps.

I mesi di lockdown hanno fatto crescere a dismisura la ‘fame’ di BUL dei cittadini: tra Smart working, Didattica a distanza, lavoro da remoto per le imprese e consumi culturali relegati nelle abitazioni, le necessità di connessione in fibra veloce sono cambiate in modo radicale.

Tutto ciò ha impresso una nuova e decisa accelerazione all'idea di un'unica società responsabile della diffusione di questo servizio. Peraltro, Italia si è dotata di un piano strategico per la banda ultralarga che data ormai al 2015: l'obiettivo era quello di portare all'85% dei cittadini un servizio a 100 Mbps e all’intera popolazione italiana una connessione di 30 Mbps.

A oggi però solo Il 20%dei cittadini può usufruire di una connessione alla velocità di 100 Mbps, la banda a 30 Mbps ‘copre’ il 66% degli italiani, il 17% è raggiunto da una rete con capacità tra i 100 e i 500 Mbps, la connessione oltre i 500 Mbps è realtà per appena il 10% degli italiani, come certificato dai dati del Ministero per lo Sviluppo Economico (MISE) illustrati nello stato di avanzamento del progetto sul portale del Piano strategico per la BUL.

I dettagli del progetto

L’architettura della futura società di controllo di una rete unica italiana di BUL è complessa e molti sono i nodi da sciogliere per arrivare alla sua costituzione. L’idea è quella di mettere insieme la rete capillare controllata da Tim (l’ex monopolista Telecom) e i servizi all’ingrosso offerti da Open Fiber, nata per portare una rete in fibra anche nelle aree cosiddette a fallimento di mercato (dove cioè non risulta conveniente investire su questa infrastruttura) e che oggi opera come rivenditore di banda larga ad altri operatori.

In concreto, il progetto porta alla nascita di FiberCo, una new company in cui confluisce la rete secondaria portata in dote da Tim - quella cioè che va dagli ‘armadi’ nelle strade alle abitazioni dei clienti - e una nuova joint-venture partecipata da TIM e Fastweb. In un secondo momento il piano prevede poi la nascita della società unica vera e propria ovvero AccessCo, attraverso la fusione tra FiberCop e Open Fiber.

Il nodo della governance

L’intesa tra Tim e Open Fiber prevede che la prima detenga almeno il 50,1% di AccessoCo. Molta attenzione si è concentrata su Tim, e questo ancora prima della sentenza UE sul ricorso su Tim, che rivestirebbe il doppio ruolo di fornitore dell'infrastruttura e di operatore con servizi propri. Per garantire l'indipendenza della nuova società ed evitare possibili vantaggi a Tim, la soluzione studiata è quella di un complesso meccanismo di governance condivisa con Cassa Depositi e Prestiti. Quest’ultima indicherebbe il presidente di AccesCo, mentre Tim esprimerebbe l’Amministratore delegato. Le due società dovrebbero approvare entrambe le nomine.

 

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