Le best practice per il Direttore: conoscere i flussi in real time, sfruttare tecnologie predittive.
Pianificare e gestire la mobilità, puntando sul trasporto innovativo - vedi la metropolitana leggera a guida automatica, promuovere l’utilizzo del mezzo pubblico grazie a un miglioramento del servizi. Questi alcuni degli obiettivi di Brescia Mobilità, l’azienda di TPL che in città gestisce, tra l’altro, semafori e parcheggi.
Direttore generale dal 2011 è Marco Medeghini, laureato in Ingegneria al Politecnico di Milano, da tempo manager impegnato nel settore mobilità, anche con progetti di ricerca in collaborazione con diversi atenei. In questa intervista ci racconta l’esperienza dell’azienda prima e durante il lockdown, e disegna alcuni possibili scenari per il trasporto pubblico urbano post Covid.
Come cambierà la nostra mobilità, e come il trasporto pubblico? Che ruolo giocherà la tecnologia?
“La mia premessa è che il trasporto pubblico ha componenti e target molto diversi: può essere di lungo, medio e corto raggio, si va insomma dalle ferrovie (Freccia Rossa e regionali) ai bus suburbani, alle metropolitane. È un sistema composito, non se ne può parlare in termini generali e dunque non è detto che questo comparto abbia una prospettiva unitaria. Da parte mia ritengo che gli impatti del Coronavirus, e in particolare a seguito dello Smart Working e dei contatti via conference call, attivati durante l’emergenza, si faranno sentire soprattutto sul medio e lungo raggio, meno sui trasporti in ambito urbano. Questo perché anche se in città una buona parte dei lavoratori continuerà a fare lavoro agile, il bisogno di relazioni sociali è forte e in ambito urbano tale bisogno può avere una risposta più facilmente e a costi complessivi contenuti. E qui veniamo alle aziende di TPL come la nostra, e alle previsioni che possiamo e dobbiamo fare sugli spostamenti in ambito urbano”.
Quali erano i numeri di Brescia Mobilità prima dell’emergenza?
“In sette anni siamo riusciti a risalire da 41 milioni di passeggeri e con numeri in calo - come succedeva del resto a tante altre aziende di TPL italiane - a quasi 59 milioni, con un aumento importante. Questo perché abbiamo aperto, nel 2013, una nuova linea di metropolitana leggera automatica e dunque offerto un trasporto pubblico più moderno, veloce e frequente. Quello interrotto dal Coronavirus era dunque un percorso virtuoso, legato alla necessità assoluta di ridurre l’inquinamento atmosferico nella città e di spostare quindi i nostri concittadini dall’uso dell’auto privata a quello dei mezzi pubblici.
Ora, inesorabilmente, nel periodo di chiusura e timida ripartenza, il numero di passeggeri è calato anche dell’85-90%, e certo ci sarà una risalita dal fondo che abbiamo toccato. Ma non sarà immediata, e non torneremo, purtroppo, ad avere in breve tempo lo stesso numero di passeggeri del giorno precedente l’inizio del lockdown, per l’ovvio strascico di timori e prudenza legati al contesto. Come detto però, prevediamo che la ripresa in ambito urbano sarà la più semplice da sostenere. Non parliamo in questa sede della debacle economica e finanziaria del comparto del TPL, che ha subito in questi mesi e subirà, per molti altri mesi ancora, perdite ingentissime che non devono riflettersi in una diminuzione dell’offerta e in uno stato di crisi del settore che porterebbe a guai seri per la mobilità pubblica delle nostre città e del nostro paese in termini di quantità, qualità, innovazione e sostenibilità”.
“Fondamentali saranno sostenibilità, mezzi di trasporto rapido di massa, intermodalità: le sole piste ciclabili non basteranno”
A proposito degli effetti dell’epidemia: temete una ‘fuga’ verso l’auto privata, e che la sostenibilità degli spostamenti passi in secondo piano?
“In effetti il tema è stato purtroppo oscurato dall’emergenza, ma credo che si riproporrà: se ci sarà uno spostamento importante dal mezzo pubblico a quello privato, come temiamo, torneremo ad avere code e inquinamento, che già prima non potevamo permetterci. Vedo che molti amministratori stanno lanciando diverse iniziative per tentare di scongiurare questa eventualità: si punta - non solo in Italia - su nuove piste ciclabili “soft” (così vengono chiamate quelle realizzate in tempi brevi con una semplice verniciatura), sulla micro mobilità (monopattini elettrici e bici pieghevoli, da portarsi sul treno e poi usare in città per il cosiddetto ultimo miglio o per i brevi spostamenti interni) e sulla prosecuzione dello Smart Working per un’ampia fascia di lavoratori e dell’e-learning per studenti superiori ed universitari. Quella delle piste ciclabili è sicuramente un’iniziativa valida, ma credo sia francamente difficile pensare di trasferire una grossa fetta di TPL (parliamo di milioni di passeggeri al giorno) sulle due ruote: basta guardare ai numeri della metropolitana di Milano, utilizzata in particolare, in ora di punta, soprattutto da pendolari, per capire che è difficilmente pensabile che tutte queste persone si muovano invece in bicicletta, per tragitti anche di quaranta chilometri e più. Dunque, ben venga e va fatto, il segmento bici crescerà di qualche punto percentuale ma credo purtroppo, nella realtà dei numeri, non possa fare la differenza nella nuova ‘sfida’ all’auto privata”.
Quali altre strade sono percorribili per ridare slancio al trasporto pubblico?
“Quanto detto sopra rende ancora più importante la disponibilità di mezzi di trasporto rapido di massa: metropolitane, ma anche tram e treni suburbani. Sono insostituibili, per capienza ed efficienza, se non vogliamo che nella fase successiva all’emergenza i cittadini puntino nuovamente e copiosamente sui mezzi privati, con gli effetti di cui ho detto.
Certo, il tempo necessario per la realizzazione di questi sistemi li fa passare, comprensibilmente, in secondo piano come risposta e contrasto all’emergenza, ma l’emergenza finirà e i problemi potrebbero rimanere e ogni mese guadagnato è vitale per una programmazione che guardi lontano.
E ancora, c’è da esplorare nuovamente e fattivamente l’ormai annoso tema degli orari della città: sarebbe assolutamente cruciale affrontarlo, ma è estremamente complesso. Noi, ad esempio, stiamo trattando con le scuole per poter arrivare a una modifica coordinata degli orari di ingresso degli studenti, perché, con le regole di distanziamento attuali ed i pochissimi posti a disposizione sui mezzi, se non riusciamo ad abbattere ‘le punte’ non riusciremo a garantire mezzi pubblici per tutti (per dare un’idea siamo in grado, oggi, di dare un’offerta pari a circa il 20-25% del periodo pre COVID, dove l’indice di occupazione in punta era già alla saturazione e oltre). Poi però ci sono anche i negozi e le attività commerciali da coinvolgere, le grandi attività produttive, gli uffici …. Insomma temo, come è stato nel passato, che sciogliere questo nodo sarà assai difficile, perché comporta la revisione delle abitudini e delle esigenze di tutti, ma sarebbe un’occasione unica ed irripetibile. Vedremo. C’è poi la questione dell’interscambio e dell’intermodalità: dobbiamo assicurare al cittadino - e qui la tecnologia può contribuire moltissimo - una copertura completa del suo viaggio, dall’uscita di casa alla destinazione voluta: con i mezzi pubblici ma anche con lo sharing di auto, bici e ora monopattini elettrici”, e possiamo farlo puntando sulla realizzazione della MAAS, la Mobility As A Service.
Come promuovere l’intermodalità?
“Sono abbastanza scettico sul fatto che l’obiettivo principale di questa politica sia un biglietto elettronico o un portafoglio elettronico da scaricare. Questo è uno strumento tra tanti, che le tecnologie attuali e le tendenze mondiali tendono a rendere ormai quasi obsoleto. Quello di cui invece c’è bisogno per rafforzarla è la possibilità di accedere a un’unica piattaforma in cui pianificare con precisione ed efficienza il proprio viaggio, dal punto A al punto B, quale che sia il mezzo da prendere: il futuro è questo, efficacia ed economia di tempo per i cittadini, i sistemi di pagamento - che siano il cellulare o la carta di credito - vengono dopo, ma già ci sono.
Dunque, in definitiva, su cosa puntare per accrescere le potenzialità dei trasporti pubblici in città? E che ruolo potrà giocare la tecnologia in questa scommessa?
“Tralasciando per un momento il post emergenza, questo è il tema più significativo di questo dibattito. Anzitutto, perché finalmente ci sono tecnologie, anche poco costose, che ci permettono di valutare efficacemente e in tempo quasi reale la domanda di mobilità e di dare così una risposta adeguata alle nuove esigenze dei cittadini. Per capirci, una domanda così variegata e mutevole come quella dei passeggeri del TPL in ambito urbano e suburbano non può, ad esempio, avere risposta basandosi sulle informazioni che rilevazioni come quelle Istat danno a distanza, se va bene, di quinquenni: perché il loro identikit e soprattutto le esigenze, già di per sé molto diverse tra loro, cambiano anche nel tempo in modo rapido, soprattutto in questo nuovo contesto. Fino a oggi questo nodo - il rapporto tra richieste di mobilità e risposta delle aziende di trasporto pubblico - è stato appunto affrontato con sistemi semplici, e dunque la risposta arrivava o molto tempo dopo o gravata da notevoli semplificazioni. Occorre puntare su sistemi complessi e dati in tempo reale”.
In che modo, ad esempio?
“Nella mobilità cittadina del futuro sono fondamentali i sistemi di valutazione dei flussi. Per fare un esempio, già dagli anni ‘70 a Brescia abbiamo un sistema centralizzato di gestione degli impianti semaforici, che, in funzione del traffico rilevato e degli orari può attivare piani diversi. Dunque Brescia Mobilità, che gestisce tra l’altro il sistema semaforico, già da decenni ha a disposizione i dati relativi al traffico rilevato da una serie di centinaia di sensori posizionati sotto il manto stradale in corrispondenza dei semafori e li utilizza per progettare i piani della mobilità, non ultimo il PUMS; quello che però voglio sottolineare è che non conta tanto quale infrastruttura si adotta, quanto utilizzare al meglio i dati che essa fornisce. Nel nostro caso, questi dati ci hanno subito detto - come abbiamo potuto segnalare al Comune - che con la riapertura della fase 2 abbiamo registrato un incremento medio del 50% di traffico. A corredo abbiamo dei sistemi di simulazione, che a partire dalla mole di dati caricati giornalmente, tutto l’anno, ci danno la possibilità di prevedere cosa succederà in certe strade e nelle limitrofe, nel caso di adozione di provvedimenti particolari, come un senso unico al posto di un doppio senso di circolazione, l’attivazione di una nuova Ztl, l’inserimento di una ciclabile al posto di una corsia automobilistica, l’eliminazione di aree a parcheggio: uno strumento predittivo che può essere di grande aiuto al decisore politico, permettendogli di fare scelte che non si rivelino, poi, controproducenti”.
Una best practice da seguire? Servono infrastrutture di base?
“Non è detto, ci sono, allo stato, altre soluzioni utilizzabili anche senza grandi infrastrutture, forse meno sofisticate ma del tutto efficaci: ad esempio l’utilizzo dei dati provenienti dalle celle telefoniche, che possono fornire una mappa giornaliera degli spostamenti individuali. Un sistema misto tra sensori e celle sarebbe l’ideale. Comunque, quello che conta è la volontà di progettare il futuro della mobilità della città partendo dai dati sulla domanda in evoluzione, analizzati prima di avventurarsi in modifiche estemporanee che poi possono dimostrarsi inefficaci. Se vogliamo davvero progettare oggi la città in cui vivremo tra due anni, dieci anni, questa modalità è indispensabile. Anche perché, tornando all’emergenza, non sappiamo se chi prima usava il trasporto pubblico lo farà ancora, da quando, con che modalità, prezzo e in quale percentuale”.
Ripartire dai dati, dunque?
“Faccio un esempio concreto. A Brescia abbiamo una metropolitana ad accesso libero, ci siamo fidati dei nostri concittadini e il riscontro, quando abbiamo fatto indagini sistematiche di controllo dei titoli di viaggio, ci dice che l’evasione è del 2-3%, paragonabile a quella di realtà con i tornelli. Quindi, per conoscere i flussi di passeggeri, abbiamo posizionato dei particolari sistemi di conteggio con videocamere nei punti di accesso, e siamo in grado di contare quante persone entrano e escono. Questo ci consente di adeguare il numero dei mezzi circolanti al numero di passeggeri in entrata, negli orari con maggiore richiesta: i nostri convogli sono a guida automatica, dunque non dovendo mobilitare personale siamo in grado di aggiungere treni e dare una risposta flessibile e adeguata alla domanda in tempo pressoché reale. Oggi più che mai insomma, dopo lo choc da Coronavirus, conoscere la domanda per progettare la risposta sarà la chiave per il futuro della mobilità urbana e suburbana”.
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