• Un sistema sanitario a impatto zero

    di Redazione Open Innovation

23 novembre 2020

Un gruppo di esperti ha esaminato come e quando sarà possibile per la sanità inglese ridurre l’impatto ambientale dei servizi

 

Il governo del Regno Unito si è impegnato a raggiungere l’impatto zero di carbonio entro il 2050 per il proprio sistema sanitario (NHS), con l’obiettivo di essere il primo servizio sanitario nazionale al mondo a emissioni zero. 

Il sistema sanitario e assistenziale in Inghilterra è responsabile di circa il 4-5% dell'impronta di carbonio del paese, quindi ha un ruolo importante da svolgere e si è quindi impegnato a raggiungere impatto zero il prima possibile.

 

FONTE: https://www.england.nhs.uk/greenernhs/a-net-zero-nhs/

AUTORE: National Health System (NHS)

 

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Pier Luigi Caffese

24/11/2020 at 12:23

Proposta fatta ma le Regioni non mollano ricchi appalti. Abbiamo mediato tra i criteri europei-americani e italiani in corso. QUANTO BISOGNA INVESTIRE per Health 5.0 tra Milano e Codogno: Economics del progetto Milano-Codogno Investimenti Ricavi annui (in milioni euro) -Milano cuore 100 200 -Codogno Exhalomics 50 100 -CodognoSkinintegrity 50 100 -Sleep Loop 50 100 -Surgent Codogno 100 200 -Immuno-Target 100 200 -Robotica medicale 150 300 -Robotica UV 150 400 -Trattamento acque e rifiuti H 50 100 -Energia Rinnovabile 100 200 -Reuse CO2 from Air 50 100 -Plasma solar-hydrofuels 50 100 -Progetto Po-Navigli PHS 200 300 -Progetto Po-Navigli Adda Waterways 50 100 -Totale 1250 2.500 Mentre i federali USA svolgono il "backup", gli Stati adottano misure non ortodosse per competere nel mercato globale spietato delle forniture di coronavirus.IN ITALIA abbiamo fenomeni analoghi dove la connessione Stato-Regioni non ha funzionato per cui Caffese propone: -Le Regioni si opporranno al mio piano ma la sanita’ regionale va rivista e personalmente Caffese darebbe l’industria alle Regioni e la Sanita’ condotta solo da Manager che rispondono al Governo.Nel board è previsto il Presidente dei Presidenti di Regione. -il budget sanitario pubblico si aggira su 340 miliardi,il 20% del PIL italiano -Il sistema Sanitario deve dipendere da una Holding pubblica SANITAS.IT SPA che ha 21 Aziende sanitarie regionali e una provinciale BZ -il capitale deve essere di 10 miliardi -puo’ aprire H all’estero e importare/esportare. -la sede centrale è a Milano citta-Studi in apposito building(progetto Caffese) -Brescia produzione tamponi -la produzione viene effettuata in 21 stabilimenti produttivi: -Lombardia Codogno robotica medicale e bioingegneria medica avanzata -Emilia presidi sanitari -Piemonte mascherine e sistemi wireless per connected car ferma ubriachi -Veneto sistemi automatici digitali di deposito -Trentino Alto Adige Probiotici -Friuli VG bevande no alcool -Toscana produzione farmaci-drug -Liguria produzione mascherine e robots UV-LED -Umbria prodotti food,canapa,lino -Marche materie prime -Abruzzo materie prime -Molise materie prime -Lazio farmaci -Campania materie prime -Puglia materie prime -Basilicata materie prime -Calabria materie prime e cedri -Sicilia agrumi e vitamina C e basi di chimica verde -Sardegna alghe e basi di chimica verde -Deposito nazionale sanità e epidemico presso Aeroporto Montichiari che ha un pista lunga adatta ai cargo.Caffese collega questo Deposito al Progetto dei Prodotti Comunali che per essere esportati devono arrivare con aerei anche piu piccoli a Montichiari.Il deposito di Montichiari sara’ con sistema robotico Amazon il deposito piu grande d'Italia che da una parte ha prodotti food da esportare via Cargo e dall’altra ha tutti i prodotti sanitari per rifornire ospedali in 24 ore. -Caffese prevede 30 miliardi di produzione di cui il 50% esportato. Test per anticorpi contro il nuovo coronavirus sviluppato I nuovi schermi di prova per gli anticorpi del virus nel plasma, il liquido nel sangue, per fornire informazioni sulla risposta immunitaria di una persona a un'infezione.

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Pier Luigi Caffese

24/11/2020 at 12:22

I pompaggi levano il 90% di smog:L’Italia è tra i primi Paesi europei per morti legate all’inquinamento atmosferico. L’aria delle città è in lento miglioramento, ma particolato, ossido di azoto e ozono continuano a superare i limiti di legge. Il quadro che esce dall’ultimo rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente (EEA) sulla qualità dell’aria nel continente indica che nel nostro Paese c’è ancora molto lavoro da fare. Secondo il report, l’Italia è tra i sei Paesi (con Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Polonia e Romania) ad aver registrato nel 2018 superamenti dei valori limite per il PM2,5. Sono le piccolissime particelle che penetrano nel nostro apparato respiratorio, causando problemi cardiovascolari e polmonari. In Italia nel 2018 sono morte prematuramente 52.300 persone per conseguenza dell’esposizione al PM2,5: è il secondo dato più alto in Europa. “Il particolato si forma sia direttamente, sia dalle reazioni di altri inquinanti. Se guardiamo l’inquinamento primario, un ruolo importante lo gioca sicuramente il traffico”, spiega Francesco Petracchini, direttore dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr (IIA-CNR). Secondo l’EEA, il 40% del PM2,5 primario viene dal settore dei trasporti. Un’altra importante causa sono gli impianti di riscaldamento. “A peggiorare il quadro italiano c’è poi il fattore meteoclimatico, perché nelle aree con maggiore inquinamento atmosferico come la pianura Padana, manca il rimescolamento dei gas, cosa che si osserva invece in Nord Europa. Inoltre c’è un contributo naturale: pensiamo alle frazioni più fini delle sabbie desertiche che il vento porta per esempio dal Sahara”. Se dunque pesano anche aspetti esterni alle città, le politiche sono ancora più necessarie: “Con interventi mirati si potrebbe comunque arrivare a una riduzione del 30% del particolato”, dice Petracchini. L’Italia è anche tra i 16 Paesi che superano i limiti di concentrazione previsti per gli ossidi di azoto: la fonte principale è la combustione legata ai trasporti, e gli effetti sull’uomo riguardano l’infiammazione delle vie respiratorie e danni allo sviluppo della capacità polmonare. La loro reazione con altri inquinanti come monossido di carbonio, metano e composti organici volatili genera anche un’altra sostanza pericolosa per la salute: l’ozono, i cui limiti di legge sono stati superati nel 2018 in 20 Paesi europei, tra cui sempre l’Italia. Secondo l’Eea, il nostro Paese nel 218 è stato primo in Europa per morti premature legate all’esposizione agli ossidi di azoto (10.400 decessi) e secondo dopo la Germania per le morti legate all’ozono (3.000). Il nostro Paese è già stato condannato dalla Corte di giustizia europea per lo sforamento dei limiti massimi per il PM10 ed è sottoposto ad altre due procedure di infrazione per l’inquinamento da PM2,5 e biossido di azoto. Interventi sarebbero necessari anche sul fronte del riscaldamento e della produzione di energia: “Le rinnovabili devono entrare nel nostro quotidiano, supportando l’elettrificazione del riscaldamento. Bisogna inoltre ridurre ancora la produzione di biomassa, diffusa in alcune zone del Paese”, dice Petracchini. I generosi incentivi per l’efficienza energetica potrebbero dare un contributo alla riduzione delle emissioni dal settore degli edifici, che continuano a diminuire troppo lentamente. Di fronte a questi dati, per il direttore dell’istituto del CNR anche tutti i nodi della mobilità italiana vengono al pettine: l’Italia è il Paese europeo con il più alto tasso di motorizzazione (620 auto ogni mille abitanti), con pochi veicoli elettrici, un uso limitato dei mezzi pubblici e poche vie ciclabili e pedonali. “Servirebbero un indirizzo chiaro e delle politiche forti e decise in chiave sostenibile. Mentre in Gran Bretagna Johnson ha di recente firmato un decreto che vieta la vendita di auto a benzina e diesel dal 2030, in Italia oggi si incentivano sia i veicoli elettrici, sia quelli ad alimentazione tradizionale”. Rimaniamo il Paese in cui si vendono più veicoli diesel, principali responsabili proprio delle emissioni di ossidi di azoto, mentre bisognerebbe puntare sull’elettrico: “Il governo italiano fissi una data per lo stop alle vendite di auto a benzina e diesel, come fatto dal Regno Unito col 2030”, dice l’avvocato Ugo Taddei della ong ClientEarth. Sul fronte della mobilità ciclistica, per Petracchini “va bene il bonus bici, ma servono investimenti nelle infrastrutture. La bicicletta va resa un mezzo competitivo e davvero utilizzabile in città”. L’altra faccia dei trasporti riguarda la consegna delle merci, resa cruciale dalle dinamiche innescate dalla pandemia: nel 2020, secondo le stime del consorzio di categoria NetComm, l’e-commerce crescerà del 55%. Per Petracchini, la struttura del settore della logistica, fatto di tanti padroncini proprietari ognuno del proprio mezzo, non rende possibili grandi investimenti in furgoni a ridotte emissioni: “Anche qui servono incentivi forti per convincere i corrieri a cambiare i propri mezzi, oltre che infrastrutture come i sistemi di ricarica”. A un anno e mezzo dalla scadenza per la presentazione all’Unione europea, denuncia il raggruppamento europeo di ong European Environmental Bureau, “il piano italiano per ridurre l’inquinamento dell’aria è ancora in bozza, mentre Grecia, Lussemburgo e Romania non lo hanno ancora”. I numeri per intervenire non mancano, e accanto a quelli negativi dell’inquinamento dell’aria ci sono gli altri più positivi riguardanti gli effetti ambientali della forte riduzione del traffico nel primo lockdown. Tra tutti, come mostrano i dati dell’IIA-CNR c’è il crollo del pericoloso biossido di azoto: a Roma le concentrazioni medie sono state inferiori ai quattro anni precedenti rispettivamente del -59% a marzo e del -71% ad aprile, a Milano si è avuta una riduzione del -29% e -43% rispetto alla media dello stesso periodo 2016-2019

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