Tra resistenza e resilienza puntiamo sulla formazione
Luigi Rosati
Published on 29/11/2017
Last update: 31/07/2018 at 10:11
Il dibattito sull’automazione ovviamente continua e comincia a raccontare storie vere, concrete e brucianti. E’ Simone Cosimi, dalle pagine di Wired, a raccontare delle prime vittime dei robot (in realtà non sono - ahimé - i primi e ovviamente di certo non gli ultimi): sono circa 125 operai della Colussi di Petrignano d’Assisi che, a causa dell’automazione della linea di produzione dei frollini, stanno perdendo il loro posto di lavoro.
Dunque, mentre si discute e ci si confronta sulle prospettive, le persone vengono coinvolte nel cambiamento, senza supporto e senza un sistema in grado di gestirlo. Perché la questione dell’automazione è sistemica ed epocale (ovvero sostanziale e inevitabile) e non può essere affrontata se non cambiando paradigmi e modelli.
Cosimi giustamente sottolinea il carattere transitorio della fase che stiamo vivendo, in cui le innovazioni avanzano - come è loro caratteristica - in modo veloce e travolgente, da un lato, e i Sistemi, dall’altro, fanno fatica ad adeguarsi. I sindacati non sembrano comprendere e sviluppare proposte adeguate; i governi stanno elaborando strategie ma sono ancora in una fase di discussione; gli esperti dibattono sugli scenari e propongono soluzioni diverse e contraddittorie.
In questa situazione il percorso più efficace è rappresentato dalla formazione: come strumento di adeguamento dei lavoratori, come percorso di riconversione e ricollocazione, come intervento per il cambiamento delle persone e delle organizzazioni.
Ma come operatori stiamo elaborando proposte formative adeguate? Siamo in grado di sostenere imprese e lavoratori?