Sofia Maggi

Sofia Maggi

Published on 23/02/2018

Published at 23/02/2018 at 08:13
Last update: 30/04/2019 at 12:28
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Passato qualche giorno, sgonfiata la bolla mediatica, possiamo fare qualche riflessione pacata sulla storia del “braccialetto di Amazon”.

L’antefatto è il seguente: in Rete appare una notizia relativa ad un brevetto depositato da Amazon negli USA e relativo a un dispositivo indossabile (wearable) finalizzato ad aiutare i magazzinieri nell’interazione con i “pacchi” e il sistema informativo del magazzino, appunto. Un sistema di interazione IoT, quindi, in cui però uno dei componenti è rappresentato da un braccialetto che l’operatore dovrebbe portare al polso.

Da qui una ripresa di questa notizia in chiave critica, che sottolinea il pericolo di un controllo “orwelliano” del lavoratore; chiave di lettura derivata dall’effetto alone negativo della reputazione del colosso USA in tema di condizioni di lavoro.

La notizia, in questa forma, ha una forte diffusione in Italia tanto da portare alla pubblicazione di un tweet sul tema da parte del Presidente del Consiglio (anch’esso in toni di biasimo per l’operazione).

Da qui parte una serie di discussioni, sui vari media, che riaccendono il tema della trasformazione del lavoro e del pericolo dell’automazione in tema di perdita dei posti di lavoro. Di fatto, la notizia non esiste: il brevetto è uno dei tanti che Amazon deposita e non riguarda nulla che al momento sia nei prossimi sviluppi organizzativi della società.

Tuttavia è importante sottolineare come questa notizia abbia sicuramente fatto luce su due elementi:

  • lo sviluppo di nuove tecnologie integrate - tipiche del paradigma Industria 4.0 - in chiave collaborativa, in termini di compresenza di lavoro umano e attività digitale;
  • la profonda ignoranza (senza giudizio di merito) sui temi dell’innovazione, da parte dell’opinione pubblica italiana.

Rispetto al primo punto si deve sottolineare che i modelli di robotica collaborativa sono una linea di ricerca e sviluppo molto interessante e su cui convergono molti investimenti: esoscheletri, sistemi basati sulla realtà aumentata, integrazione uomo-macchina, sono tutti ambiti in cui si valorizza al massimo l’apporto delle persone nell’ambito di una produttività meccanica e digitale dalle performance altissime.

Rispetto al secondo punto, invece, si assiste a una sorta di nuovo luddismo in cui si gioca con spettri del passato, come il citato “1984” di Orwell appunto, mancando i dati di realtà e - cosa più grave - evitando di centrare un vero aspetto etico e sociale. Perché il lavoro cambia davvero ed è importante che ci sia un dibattito in proposito ma su piani di discussione comuni, confrontandosi sui modelli e lo sviluppo di soluzioni adeguate alle persone e alla società.

Ho preso spunto da:

http://nuvola.corriere.it/2018/02/05/il-braccialetto-di-amazon-puo-salvare-posti-di-lavoro/?refresh_ce-cp
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