Annarita Tronchin

Annarita Tronchin

Published on 28/02/2018

Published at 28/02/2018 at 11:35
Last update: 31/08/2018 at 09:14
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E’ facile pensare alla minaccia dell’automazione pensando agli operai di una fabbrica, sostituiti da silenziosi bracci meccanici oppure dai camerieri di un fast food rimpiazzati da totem digitali. Meno frequente è pensare che la digitalizzazione possa insidiare professioni qualificate, che richiedono processi cognitivi complessi e capacità di analisi e di giudizio.

Ma così è; la digital transformation porta con sé lo sviluppo di sistemi (“macchine”) in grado di eseguire compiti cognitivi, non necessariamente di base, operando scelte e fornendo giudizi. E’ possibile grazie all’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale e di machine learning che sono in grado di riprodurre comportamenti lavorativi umani, con le stesse performance (anzi, meglio, almeno sul piano dei tempi e dei costi).

Così le previsioni fornite in questi anni dagli esperti trovano finalmente riscontro: non solo lavori fisici e operazioni semplici ma anche professioni che richiedono attività cognitive replicabili, sono a rischio di automazione.

Ed ecco che la notizia diffusa da Agid non rappresenta una sorpresa: un team di avvocati è stato “battuto” da un sistema di AI nella valutazione di un contratto. Il test era relativo alla valutazione di cinque accordi di riservatezza, avvocati e macchina dovevano valutarne i rischi correlati per il cliente. Il computer ha raggiunto il risultato del 94% di accuratezza della sua analisi, in soli 26 secondi. Il team di avvocati è andato dal 94 al 67% con una media dell’85%, in 92 minuti (di media).

Un risultato che non lascia appelli (è il caso di dirlo!) e che dimostra come alcune attività lavorative saranno profondamente trasformate dall’avvento di sistemi digitali intelligenti. Ovviamente tutti si affrettano a dire che questo non significa la scomparsa delle professioni ma certo il modello di lavoro e di business cambierà profondamente.

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