Angela Di Massa

Angela Di Massa

Published on 20/04/2018

Published at 20/04/2018 at 18:22
Last update: 21/06/2018 at 12:12
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Per chi ha avuto modo di leggere le precedenti discussioni sull’importanza di guidelines, principi e buone pratiche nella progettazione delle interfacce e dell’esperienza utente (ma anche per chi fosse interessato solo interessato al design), oggi propongo una riflessione “fuori dalle regole”.

Il Brutalist Design.

Sono anni che abbiamo a che fare con applicazioni, siti web e interfacce nati e cresciuti sotto l’influenza dei più diffusi linguaggi di interazione e soluzioni grafiche delle aziende leader nel settore, Apple e Google per intenderci. Credo che uno dei loro grandi meriti sia quello di fornire delle linee guida e stili visuali consistenti, accattivanti, attraenti e condivisi. Il rischio è che, come nella moda, si tenda ad un’omologazione generale nel dominio degli artefatti digitali.

A questa direzione, si contrappone la visione del Web Brutalism definito come la “reazione della generazione più giovane alla leggerezza, all'ottimismo e alla frivolezza del web design di oggi” [Pascall Deville, brutalistwebsites.com]. Come racconta Maria Grilo in un suo interessante articolo sul tema, il nome “Brutalist” fa riferimento al movimento architettonico brutalista, sviluppatosi tra gli anni '50 e '70, che aveva come ideale il rifiuto di ogni tipo di decorazione, dagli ornamenti architettonici alle semplici pitture murali.

Il Web Brutalism ignora tutti i principi di progettazione centrati sull'utente (User Centred Design) e abbandona ogni linguaggio visuale standardizzato (es. Google Material Design e Apple Human Interface Guidelines): “il primo (e unico) passo è quello di lanciare elementi sullo schermo, senza preoccuparsi troppo di come funzionano insieme. Chi sei tu per definire la gerarchia? Lascia che ogni elemento combatta per stare al centro dei riflettori” [Pascall Deville, brutalistwebsites.com].

Per avere un’idea più chiara consiglio di vedere qualche esempio di sito web “brutale” nel link sopra.

La riflessione che più in generale vorrei condividere è: qual è, secondo la vostra esperienza, il rapporto ideale tra “standardizzazione” intesa come attinenza a linee guida condivise e proposta di innovazione radicale di un prodotto digitale/brand/stakeholder?

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