La ripresa economica dell’Italia esiste, e lo dimostra la crescita del PIL nel 2021 di 5,9 punti percentuali, che, però, sarebbero potuti essere 7,1 se solo le aziende fossero riuscite ad assumere tutto il personale di cui necessitano, quantificato in circa 233 mila lavoratori, stando alle stime del focus Censis Confcooperative “Mismatch, il grande gap da sanare. La ripresa c’è, i lavoratori no”.
Secondo il presidente di Confcooperative Maurizio Gardini, questi numeri si traducono a loro volta ina cifra impressionante: “Oltre 21 miliardi, l’1,2% del Pil, è il conto, salato, che il Sistema Italia paga a causa del mancato incontro tra l’offerta e la domanda di lavoro. Quello che il nostro Paese sta vivendo è un paradosso che non possiamo continuare ad alimentare”.
Un problema di fondo evidentemente sussiste, perché il lavoro non può certamente essere un vincolo al consolidamento dell’economia del Paese post crisi, se non si vogliono perdere le opportunità di crescita future, e allo stesso tempo alimentare la disaffezione dei cittadini al lavoro in una nazione con 2,3 milioni di disoccupati, 1 su 3 giovani, e 3 milioni di NEET (Neither in Employment or in Education or Training).
La causa? Mancanza di competenze che supportino la crescita delle aziende, come testimoniano i dati della piattaforma social per il lavoro, LinkedIn, le cui statistiche al 20 settembre parlano di 153 mila offerte, il 57,8% delle quali pubblicate nell’ultimo mese, il 16,1% nell’ultima settimana e solo l’1% nelle ultime 24 ore: questo significa che oltre la metà delle richieste sono online da un mese e sono ancora attive, confermando una profonda difficoltà di incrocio tra domanda e offerta.
A questo dobbiamo poi aggiungere, purtroppo, le persone senza lavoro: su 2 milioni e 310 mila disoccupati, ben 309 mila sono in possesso della laurea e di questi 122 mila hanno meno di 30 anni; a questi poi bisogna accostare anche i NEET con un’età compresa fra i 15 e i 29 anni, perché su poco più di 9 milioni di giovani di questa fascia, ben il 25% non lavora e non frequenta percorsi di istruzione e formazione, che tradotto in numeri significa più di 2 milioni di ragazzi, che diventano 3 milioni e 85mila se aggiungiamo anche quelli compresi tra i 20 e i 34 anni.
Le cause e i colpevoli sono certamente molteplici, ma è piuttosto evidente che in questi anni siano mancati strumenti e meccanismi di sistema adeguati ad affrontare questo problema di disallineamento fra domanda e offerta di lavoro.
Per leggere tutti i dati del focus Censis - Confcooperative su elaborazione di dati Istat, clicca qui.