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Microplastiche e acque di falda in Val Padana, ecco lo studio. Il ruolo dei ghiacciai
Una ricerca dell’Istituto Mario Negri e della Statale di Milano e gli scenari futuri
di Redazione Open Innovation | 31/01/2020
Uno studio per valutare la presenza di microplastiche nelle acque profonde di tre città ovvero Milano, Brescia e Torino. Lo ha condotto l’Istituto Mario Negri, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, andando a colmare un gap finora esistente.
Perché se le immagini di animali marini sopraffatti dai rifiuti di plastica sono ormai nell’immaginario collettivo, bisogna dire che i danni dei residui di plastica non interessano purtroppo solo mari e oceani. La grande diffusione delle microplastiche nelle acque superficiali, in quelle sotterranee e nelle acque reflue, ha sollevato la questione sull’inquinamento dell'acqua potabile.
Cosa sono le microplastiche
Fino a oggi, pochi studi hanno effettivamente descritto la presenza di questo nuovo contaminante nelle acque di rubinetto e in quelle imbottigliate. Eppure l’Italia ogni anno riversa in natura 0,5 milioni di tonnellate di materiali plastici indistruttibili che, frammentandosi nell’ambiente, finiscono per ridursi in pezzi sempre più piccoli che raggiungono le dimensioni di nanometri.
Questi frammenti sono definiti microplastiche: particelle di polimero solido, insolubili in acqua, di dimensioni comprese tra 1 e <1000 micrometri (se di dimensioni ancora inferiori si parla in genere di nano plastiche).
Lo studio dell’Istituto milanese è stato illustrato insieme ad altri dati nel corso del convegno organizzato a fine 2019 dalla MNIAA - Associazione Alunni del Mario Negri. Enrico Davoli, capo laboratorio nel Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Istituto Mario Negri, ha ricordato anzitutto che l’uomo è esposto alle microplastiche attraverso tre vie: il respiro, l’alimentazione e il contatto.
Ciò accade perché le particelle, in base alla loro dimensione, potrebbero raggiungere il polmone, il tratto gastroenterico, il tessuto cutaneo, rilasciando gli inquinanti che trasportano.
A complicare la situazione, le microplastiche risultano difficili da identificare nell’ambiente, in quanto non esistono metodi standardizzati per identificarle.
Per questo si sa ancora pochissimo sulla reale tossicità per l’uomo e per questo è importante condurre ricerche che ne chiariscano la natura, la concentrazione e la provenienza nei diversi ambienti.
In questo contesto si inserisce il lavoro del Mario Negri e della Statale di Milano, commissionato dai gestori degli acquedotti. I risultati già disponibili su Milano e Brescia dimostrano che nelle acque di falda delle due città, le acque da cui si attinge per la potabilizzazione, la presenza di residui di microplastica nei cinque litri campionati è fortunatamente assente o, se reale, limitata a qualche particella totale.
Questi dati, che confermano altre evidenze presenti nella letteratura internazionale, sono rassicuranti per lo meno per quanto attiene alla Val Padana.
L’invasione dei ghiacciai
C’è però un altro studio da tenere presente. È quello realizzato dal Marco Parolini del Dipartimento di Scienze e Politiche ambientali dell’Università di Milano in collaborazione con ricercatori dell’Università Bicocca di Milano, ed è il primo lavoro che documenta un’alta presenza di microplastica in un ghiacciaio lombardo.
Si tratta del ghiacciaio di Forni, alta Valtellina, dove i ricercatori delle due università milanesi hanno potuto conteggiare 74,4 microplastiche per kilogrammo di detrito. Un dato che, estrapolato, potrebbe indicare la presenza nella lingua del ghiacciaio di circa 150 milioni di particelle di plastica. E che quindi non può che preoccupare, anche perché vista la tendenza in atto sullo scioglimento dei ghiacciai si tratta di una possibile fonte di contaminazione per gli ecosistemi di fondo valle.
Della salute dei ghiacciai lombardi e sull’utilizzo della tecnologia per scoprirli e tutelarli ha parlato anche la glaciologa della Statale Guglielmina Diolaiuti, in questa intervista a Open Innovation in occasione della Notte dei Ricercatori 2019.
Detto questo, Federica Tommasi del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità ha ricordato che la percezione del pericolo di inquinamento da microplastiche ha preceduto la constatazione di un effetto sulla salute umana, non ancora evidenziato dalla ricerca scientifica. Le plastiche rappresentano senza dubbio un azzardo per la salute, a causa della tossicità dei diversi componenti chimici e della loro costante presenza nella vita quotidiana. Resta invece più improbabile, a suo dire, il rischio della loro presenza nei cibi e nelle bevande, la via di penetrazione più importante nel nostro organismo.
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