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    ​Al bergamasco Remuzzi il premio americano già attribuito a due Nobel per la Medicina​

    Per il nefrologo, presidente della giuria 2018 del Premio “Lombardia è ricerca”, il Lennox K. Black International Prize for Excellence in Medicine: i suoi studi aiutano a evitare la dialisi

    di Redazione Open Innovation | 24/04/2018

Da Bergamo a Philadelphia, nel segno della ricerca. Il professor Giuseppe Remuzzi, nefrologo, è il primo italiano a ricevere un prestigioso Premio internazionale targato Usa, attribuito negli scorsi anni, tra gli altri, a due premi Nobel per la Medicina. Lunedì 23 aprile Remuzzi è stato infatti insignito del Lennox K. Black International Prize for Excellence in Medicine dell'Università Thomas Jefferson di Philadelphia.

Il riconoscimento istituito nel 1993 e diventato presto sinonimo di eccellenza premia ogni due anni nomi di riconosciuta rilevanza del panorama medico internazionale, la cui ricerca biomedica pionieristica abbia la capacità di alleviare la sofferenza umana. Tra i vincitori del Lennox K. Black International Prize anche due premi Nobel, Barry Marshall (2008) e Harald zur Hausen (2010).

Quest'anno il premio è stato destinato alla ricerca nell’ambito della malattia renale cronica, con attenzione al paziente anziano e a come le scoperte scientifiche vengono applicate nella pratica clinica.

La carriera di Remuzzi, ben radicata in Lombardia - è direttore della Nefrologia del Papa Giovanni XXIII (ex Ospedali Riuniti di Bergamo) e coordinatore delle Ricerche dell’Istituto Mario Negri Bergamo - da oltre 35 anni è incentrata sulla ricerca per alleviare il peso delle malattie renali. Patologie che, ha ricordato lo stesso Remuzzi, hanno numeri rilevantissimi. Eppure vengono largamente sottovalutate.

Sono ben 500 milioni, per dire, le persone colpite nel mondo da una qualche forma di insufficienza renale. “Di questi – ha spiegato Remuzzi, giurato già nella prima edizione del Premio ‘Lombardia è ricerca’ - un 10% soffre di una forma cronica e necessita di dialisi (per ripulire artificialmente il sangue da sostanza tossiche e chimiche in eccesso, visto che i reni non sono in grado di farlo, ndr) o di sostituire il rene malato attraverso un trapianto”.

“Quando ho iniziato – ricorda il professore - la sopravvivenza degli ammalati in dialisi era di pochi anni, ora si può convivere con questo trattamento anche per quarant’anni. E nel mondo oggi sono due milioni le persone che vivono grazie alla dialisi: che però si trovano per il 90% negli Stati Uniti, in Europa, in Giappone e in Australia. Negli altri paesi in cui questo trattamento non è disponibile succede invece che ogni anno muoiano per problemi renali più persone di quante non ne uccidano nel complesso tubercolosi, malaria e AIDS”.

Remuzzi ha guardato dunque al panorama mondiale: già presidente dell’International Society of Nephrology (ISN), ha lanciato il progetto “0by25” per azzerare il numero di morti da insufficienza renale acuta nei paesi poveri entro il 2025. Oggi sono 1 milione e 700 mila ogni anno, tanti quanti quelli da AIDS.

Anche dove la dialisi è la norma, però, l’impatto sulla vita del malato è molto forte: l’insufficienza renale cronica comporta sedute di quattro ore tre volte la settimana, per sempre. Ecco allora l’enorme rilevanza sociale e umanitaria assunta dagli studi di Remuzzi: ha lavorato su doppi trapianti, ricorso alle cellule staminali, farmaci innovativi, sempre nell’ottica di prevenire l’evolversi delle patologie renali verso la fase cronica o verso danni irreparabili, così da evitare il ricorso alla dialisi, o peggio un peggioramento mortale laddove la dialisi non sia disponibile. Ha cercato poi di dare maggiori chance di ricevere un organo a chi necessita di un nuovo rene.

Il professor Remuzzi ha tra l’altro utilizzato per primo farmaci usati normalmente per abbassare la pressione, dimostrando la loro efficacia nel rallentare la progressione delle patologie renali e permettendo a moltissimi nefropatici di evitare la dipendenza dalla dialisi: una terapia diventata lo standard di cura a livello internazionale per molte malattie renali croniche.

Per approfondimenti sugli studi e la carriera del professor Remuzzi: https://www.openinnovation.regione.lombardia.it/it/prospettiva-aperta/news/doppi-trapianti-e-staminali-cosi-abbiamo-cambiato-la-vita-dei-malati-di-insufficienza-renale

Il riconoscimento istituito nel 1993 e diventato presto sinonimo di eccellenza premia ogni due anni nomi di riconosciuta rilevanza del panorama medico internazionale, la cui ricerca biomedica pionieristica abbia la capacità di alleviare la sofferenza umana. Quest'anno il premio è stato destinato alla ricerca nell’ambito della malattia renale cronica, con attenzione al paziente anziano e a come le scoperte scientifiche vengano applicate nella pratica clinica.

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