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Lombardia 2030
“‘Meglio dopo, insieme’: il nostro doposcuola per una formazione diversa”
Lombardia 2030, nel progetto professionisti e servizi in rete per sviluppare competenze trasversali
di Redazione Open Innovation | 23/06/2021
Per il dopo scuola bastano i volontari, se non si ha voglia di studiare non c'è niente da fare. Contro questi luoghi comuni, frutto anche di una certa resistenza al cambiamento, si ‘batte’ da tempo il progetto “Meglio dopo, insieme”, dell’associazione Passo dopo Passo…Insieme.
Nato dall’idea di un servizio di dopo scuola coordinato da professionisti in collaborazione con volontari, in collegamento con tutti i servizi che seguono l’alunno o alunna e aperto a tutti gli studenti, non solo a quelli in difficoltà, per insegnare loro anzitutto un ‘ritmo’ di studio, e a sviluppare l’organizzazione, l’autonomia e il lavoro di gruppo. Con benefici importanti sul rendimento scolastico.
Per le sue caratteristiche, “Meglio dopo, insieme” è presentato su Lombardia 2030, lo spazio di questa piattaforma dedicato da Regione Lombardia alle iniziative del territorio che portano avanti i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU.
‘Motore’ di questo esperimento, partito ormai nel 2003 in una parrocchia di Sesto S. Giovanni, alle porte di Milano, è Michele Ferri. “Ho cominciato a occuparmi del dopo scuola per alunni delle medie durante il servizio civile - racconta -. Da lì è arrivata l’intuizione: io, che pure non sono mai stato bravo a scuola, ho deciso che mi sarei occupato di educazione e dopo la laurea in Giurisprudenza ho scelto di diventare un educatore professionale”.
A motivarlo c’è un dato di fatto: la consuetudine a vedere i dopo scuola come servizi riservati a studenti problematici, vuoi per difficoltà scolastiche vuoi per problemi familiari. Dunque come una sorta di ‘ghetto’, dove ragazzini e ragazzine vengono sì accuditi, ma senza nessun investimento su miglioramenti misurabili.
Un problema diffuso
Un tema non secondario, anche guardando ai numeri se si pensa che - ricorda lo stesso Ferri - la sola Diocesi milanese (che comprende le province di Milano, Varese e Lecco, Monza-Brianza, parte di quella di Como e alcuni comuni delle province di Bergamo e Pavia) conta circa 400 dopo scuola parrocchiali. Gestiti fino ad allora per lo più, appunto, da alcuni volonterosi senza una preparazione specifica dal punto di vista formativo.
Ferri cerca anzitutto di ribaltare l’ottica di un servizio nato senza particolari ambizioni, grazie all’adozione di un metodo specifico - quello utilizzato da Marco Vinicio Masoni anche all’interno del carcere minorile Beccaria di Milano - con cui aiutare alunni e alunni tra gli 11 e i 14 anni - “un’età incredibile, una ‘terra di mezzo’ favolosa e ricca di opportunità” - puntando sullo sviluppo delle potenzialità più che sulla prevenzione dei disagi.
E dunque, se per esempio qualcuno soffre di dislessia “gli spieghiamo che non è dislessico: piuttosto ha una fatica di letto scrittura, che però non lo definisce come persona”.
In questo periodo dunque ragazzini e ragazzini costruiscono la propria identità e consolidano un metodo di studio. Questo nei casi più fortunati, mentre molti cominciano a fronteggiare l’insuccesso scolastico. Aiutarli a fare i compiti dopo la scuola diventa allora un’occasione straordinaria per sostenerli da un punto di vista più ampio.
Il metodo che fa la differenza
“Noi insegniamo loro competenze che oltre ad aiutarli a scuola saranno poi indispensabili nell’età adulta - riassume dunque l’educatore -: organizzare il proprio tempo, lavorare in autonomia, saper instaurare relazioni positive con gli adulti, con figure a cui possono fare riferimento in modo diverso da quelle degli insegnanti”. Altro punto saliente, “Meglio dopo, insieme” punta a dare a ragazzini un nuovo protagonismo e a responsabilizzarli.
Al servizio si accede “con una negoziazione, basata sull’accettazione di 10 punti - spiega Ferri -, tra cui uno che li impegna a seguire la nostra impostazione: in pratica, chiediamo loro il ‘permesso’ di dare loro delle direttive. Quindi proponiamo loro l’autovalutazione costante del proprio lavoro, tramite sei domande, seguita da una valutazione dell’educatore che li segue. Questo per loro diventa estremamente formativo”.
La scelta di puntare su queste skill, non immediatamente legate ai risultati scolastici ma nei fatti importanti per la riuscita sui bandi, è un elemento apprezzato anche da chi non ha particolari carenze in aula “È così che il nostro dopo scuola è riuscito ad attrarre anche alunni più bravi, e a ricreare così un mix di livelli di apprendimento diversi, proprio come accade in classe: si è trattato di uno dei passaggi più difficili per noi - ragiona Ferri - e insieme dei più produttivi, proprio come a scuola aiuta evitare la sensazione di essere ‘ghettizzati’ come problematici”.
Le attività vengono pianificate con cura, così come la misurazione dei progressi (si punta ad arrivare all’85% degli obiettivi raggiunti). Non solo: “Meglio dopo, insieme” ‘prende ‘in carico’ anche i genitori degli alunni, e si mette in contatto in modo costante con la scuola di appartenenza - a cui restituisce un quadro dell’impegno dello studente - e con tutte le agenzie educative con cui hanno a che fare sul territorio per un confronto periodico sull’andamento complessivo dei ragazzi, anche a livello di comportamento e crescita.
I numeri del progetto
In questo modo, dal 2003 a oggi sono stati seguiti “circa 100 studenti ogni anni, in 18 anni significa 1.800 alunni”. Senza contare l’impatto del Covid-19, che come in molti altri casi ha costretto i servizi di “Meglio dopo, insieme” a migrare sul web, in questo caso con uguale successo dopo “un lavoro certosino per trasferire tutta la nostra impostazione anche on line”.
Un’impostazione professionale che si coniuga perfettamente con il volontariato, ma che naturalmente ha un costo. “Circa 900 euro all’anno a ragazzo - spiega Ferri, promotore del modello ora diffuso anche nel quartiere di Rogoredo -: è sostenuto in parte dalle famiglie che possono, in parte dalle parrocchie coinvolte, che dimostrano così di crederci molto, e per la parte rimanente attraverso attività di fundraising e la partecipazione a bandi di Fondazioni private o di altri enti”.
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