Nel giugno scorso è divenuta attiva e applicabile a tutti gli effetti la legge 81 del 2017 che riconosce e regola il lavoro agile o smart working.
Si tratta di un testo molto interessante che stabilisce, fin dall’articolo di apertura (il numero 18, primo del Capo II che riguarda tale materia) come il lavoro agile, ovvero subordinato ma non legato a orari e luoghi di lavoro specifici, sia profondamente connesso ad una disegno organizzativo specifico,
Lo smart working, quindi, non è solo una questione formale, legata alla possibilità per i lavoratori di poter “lavorare da casa” per un giorno a settimana, ad esempio, o per alcune ore. Si tratta, invece, di disegnare un modello di produzione che consenta realmente un vantaggio reciproco, tra azienda e lavoratore, nell’ambito della conciliazione con gli impegni familiari, ad esempio, come pure di una più efficace e realistica dinamica tra autonomia e risultati attesi. E chiaramente il legislatore definisce la finalità della legge nell“incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”, suggerendo che ciò avvenga “con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi”. Io sospetto che spesso il lavoro agile si trasformi una una sorta di “libera uscita” di “ora d’aria” che nulla cambia nelle questioni di competitività e conciliazione di cui la legge parla. Che ne pensate?
Gentile Bruno, la ringrazio per aver condiviso questa notizia. Quella della bontà o meno, in termini di efficienza, del lavoro agile è evidentemente ancora una questione aperta. Personalmente ritengo che qualsiasi innovazione ritenuta degna di essere legiferata poggi su solide basi reali nella società, per questo motivo in un momento storico in cui tempi e modi di lavoro mutano verso un aumento delle ore dedicate al lavoro a discapito degli "impegni familiari" (o di qualsiasi altra sfera attinente alla vita privata), un meccanismo concepito perché lavoratore e azienda traggano un reciproco vantaggio dal proprio rapporto dovrebbe essere ben accolto.
Rispetto ai sospetti che lei avanza in merito, devo ammettere che a tutta prima la legge 81 del 2017 potrebbe sembrare "legalizzare" la libera uscita dei lavoratori che usufruiranno del lavoro agile, ma come lei stesso sottolinea, la stessa legge indica i criteri organizzativi per l'attuazione efficace dello strumento: l'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi. Ora, procedendo non per ore di lavoro ma per obiettivi, difficilmente il lavoratore potrà esimersi dal realizzarli, a presscindere che si trovi a casa o in un ufficio. La vera questione sarà verificare nel prossimo futuro in che modo, e con quale efficacia, le aziende applicheranno lo strumento normativo. Partendo da un presupposto di fiducia nei confronti dei lavoratori che non avranno bisogno di fuggire dai propri compiti.
Annarita Tronchin
10/08/2017 alle 11:53
Gentile Bruno, la ringrazio per aver condiviso questa notizia. Quella della bontà o meno, in termini di efficienza, del lavoro agile è evidentemente ancora una questione aperta. Personalmente ritengo che qualsiasi innovazione ritenuta degna di essere legiferata poggi su solide basi reali nella società, per questo motivo in un momento storico in cui tempi e modi di lavoro mutano verso un aumento delle ore dedicate al lavoro a discapito degli "impegni familiari" (o di qualsiasi altra sfera attinente alla vita privata), un meccanismo concepito perché lavoratore e azienda traggano un reciproco vantaggio dal proprio rapporto dovrebbe essere ben accolto.
Rispetto ai sospetti che lei avanza in merito, devo ammettere che a tutta prima la legge 81 del 2017 potrebbe sembrare "legalizzare" la libera uscita dei lavoratori che usufruiranno del lavoro agile, ma come lei stesso sottolinea, la stessa legge indica i criteri organizzativi per l'attuazione efficace dello strumento: l'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi. Ora, procedendo non per ore di lavoro ma per obiettivi, difficilmente il lavoratore potrà esimersi dal realizzarli, a presscindere che si trovi a casa o in un ufficio. La vera questione sarà verificare nel prossimo futuro in che modo, e con quale efficacia, le aziende applicheranno lo strumento normativo. Partendo da un presupposto di fiducia nei confronti dei lavoratori che non avranno bisogno di fuggire dai propri compiti.