Luigi Rosati

Luigi Rosati

Pubblicato il 15/03/2017

Pubblicata il 15/03/2017 alle 11:56
Ultimo aggiornamento: 26/08/2019 alle 12:10
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“Forse non tutti sanno che…” recita una famosa rubrica di un settimanale, possiamo partire da questa indicazione per raccontare come la Pubblica Amministrazione stia seguendo il percorso di evoluzione e trasformazione digitale delle organizzazioni e dei processi produttivi, sfruttando le opportunità offerte per generare risparmi economici, efficienza amministrativa e contribuire ad una crescita condivisa e sostenibile.

Allora forse non tutti sanno che le PA si sono dotate di regole e procedure per “riutilizzare gratuitamente programmi informatici o parti di essi, sviluppati per conto e a spese di un’altra amministrazione adattandoli alle proprie esigenze”. Di fatto esiste un catalogo di programmi riusabili che le PA possono utilizzare per acquisire programmi già sviluppati in contesti analoghi e acquisirli così gratuitamente. L’iniziativa fa capo all’Agenzia per l'Italia Digitale in conformità con quanto stabilito nel Codice per l’Amministrazione Digitale.

Ed ancora: forse non tutti sanno che le PA utilizzano software aperto, sviluppato in modo condiviso e partecipato. Il concetto di riuso, infatti, è profondamente legato a quello di standard aperto; con questo termine si fa riferimento a quello che più comunemente chiamiamo “open source”. Si tratta di una modalità di costruzione e gestione dei programmi informatici che si basa sulla condivisione e l’accessibilità del codice di programmazione, secondo standard internazionali condivisi dalla comunità professionale. L’open source si basa, quindi, sullo sviluppo di un software partendo dalla collaborazione con altri professionisti o gruppi di lavoro (potenzialmente di tutto il mondo) favorendo le potenzialità che possono essere create dalla condivisione, in contrapposizione con la limitatezza di un gruppo di lavoro che opera su un codice chiuso.

Riuso e standard aperto sono, come già accennato, oggetto di uno specifico articolo del Codice per l’Amministrazione Digitale - il numero 69 - in cui si danno indicazioni precise alle Pubbliche Amministrazioni di dotarsi di soluzioni informative open source e compatibili con le procedure e gli strumenti per il riuso.

La piattaforma Open 2.0 di Regione Lombardia aderisce in pieno alle indicazioni e allo spirito di questa norma. La soluzione proposta, infatti, si presenta come un prodotto pienamente open source, la Regione Lombardia lo ha reso disponibile sulla piattaforma Open 2.0 (è in corso la pubblicazione sul catalogo del riuso Agid) mettendo a disposizione il codice sorgente a favore di tecnici e sviluppatori, per la sua personalizzazione ed evoluzione. Allo stesso modo Open 2.0 rappresenta un esempio di riuso in una forma, se vogliamo dire, già semplificata; l’esperienza della piattaforma Open Innovation, infatti, è capitalizzata ed evoluta in modo da essere già offerta come prodotto informatico “ready-to-go” per altro disponibile in due configurazioni preset di base (a fronte dei molteplici set personalizzati che potranno essere sviluppati).

I destinatari di Open 2.0, quindi, hanno l’opportunità di usufruire di una soluzione informativa che favorisce l’efficacia e la sostenibilità dell’investimento pubblico, che valorizza e riprende un'esperienza positiva e la diffonde e la moltiplica in tutto il Paese e che favorisce l’evoluzione di soluzioni ed esperienze analoghe, sia sul piano organizzativo che su quello tecnologico.

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