Giordano Fatali: Aggirarsi nei meandri di un’economia “chiusa” significa non attrarre né trattenere talenti
Redazione Open Innovation
Pubblicato il 31/03/2017
Ultimo aggiornamento: 28/04/2017 alle 12:57
Il presidente di HRC Group, Giordano Fatali, coordinerà in occasione dell’evento #Lombardiaèricerca il workshop “Open Economy”.
Giordano Fatali propone e lancia alcuni spunti di riflessione come punto di partenza per la riflessione che continuerà nel corso del workshop del 6 aprile.
Quali sono le vostre idee e suggestioni rispetto ai temi sollevati? Potete lasciare un vostro commento alla discussione; le riflessioni verranno riprese nel corso del workshop.
La riflessione del Presidente HRC Group Giordano Fatali (fonte: Prospettiva Aperta di Open Innovation):
Per un mercato, quello del lavoro, che cambia oggi in maniera radicale davanti ai nostri stessi occhi, a noi si richiede la capacità di ripensare il cambiamento in atto, di riuscire a leggerlo compiutamente e di metabolizzarlo cavalcandolo. Ben vengano allora tutte quelle idee ed iniziative che ci “costringono” a rimboccarci le maniche. A spremerci le meningi. Ad inventare un futuro migliore di quello che ci toccherebbe in sorte se ci limitassimo ad essere come le barche di un pezzo vintage scritto dal cantautore francese Jacques Brel. “Conosco delle barche che si dimenticano di partire… A furia di invecchiare hanno paura del mare” cantava Brel. Volendo destinare un pensiero al tema dell’inversione di rotta, mi sono tornati per forza alla mente questi versi che magari pochi conoscono, ma che secondo il mio modesto parere ottimamente testimoniano quanto importante possa essere dimenticare d’aver paura, rischiare, osare. Anche perché in fin dei conti, sul piatto della bilancia, scegliere di non fare non resta purtroppo un atto meramente fine a sé stesso. Nel senso che si carica di un senso di rassegnazione che, alla fine, fa sì che si rinneghi il motivo stesso per il quale esistiamo.
Cosa c’entra tutto questo col Lavoro? Per la verità c’entra più di quanto si riesca ad immaginare. Perché quelle barche, oggi come oggi, rischiamo di essere tutti noi. Spaventati da un frangente e da un mercato che ha rapidissimamente mutato forma e dinamica, tutti siamo costantemente tentati di restarcene semplicemente lì, con le mani in mano. Sottraendoci alla battaglia nel momento in cui, invece, ci sarebbe più bisogno della nostra capacità ed abilità. Il mercato oggi è innervato di nuove e più sottili forme di competitività. Viaggia su cicli rapidissimi e, come tali, difficili da prevedere ed intercettare. Crea in fretta miti e trend che nell’arco di poche ore o giorni tramontano e si sgonfiano quasi senza far rumore.
Ad una manciata di ore appena dalle blindate celebrazioni per il 60esimo anniversario della stipula dei Trattati di Roma, allora, in un momento in cui l’Unione Europea in generale ed il Paese in particolare sembrano più che mai attraversate da fermenti ed inquietudini nuove, torna più che mai utile riflettere sul sistema all’interno del quale ci muoviamo tutti quanti, che permea il nostro piano professionale sconfinando in maniera assoluta anche nel personale. Per un mercato che cambia si affacciano domande professionali nuove; nuove professioni e professionalità invocano l’elaborazione, il consolidamento e lo sviluppo di skills inedite. La società, la filiera (per nazionale o internazionale che sia), l’azienda e, perché no, l’HR - che costituisce la missione e la raison d’etre di chi vi “parla” attraverso queste righe, tutto questo dicevo subisce all’unisono l’urto generato dall’impatto rapidissimo e disruptive (come dicono quelli bravi) del digitale.
Ci affacciamo alle paratie di un mondo nuovo, più violentemente nuovo di quanto non dimostrò di essere l’America appena scoperta. È un mondo in cui l’arte di sviluppare contatti proficui si chiama semplicemente networking. In cui si lavora tanto (e spesso meglio) da casa o da qualunque luogo che non sia l’ufficio classicamente inteso. È un mondo, ancora, in cui disponiamo come non mai di una pletora di interrogativi, e soprattutto di una mole importante e quasi colossale di opportunità. Sicuramente, nei giorni più oscuri della recessione globale di cui ancora viviamo gli strascichi (o da cui stentiamo a tuttora a trovare una via d’uscita) avrete udita la favola dell’ideogramma cinese “Wei-Ji”. Letteralmente traducibile col termine “rischio”, esattamente come la totalità della lingua sinica che abbonda di sinonimi e varianti da assegnare in modo più o meno arbitrario al medesimo termine, questo ideogramma indica al contempo il concetto di “opportunità”.
Ecco, mettiamoci allora in testa che la nostra epoca può essere anche quell’opportunità. Anzi, lavoriamo affinché lo sia. Facendo leva sulla variabile del Talento, certo, come un po’ tutti i Brand che lottano nell’arena del mercato a colpi, per l’appunto, di talent acquisition, affermando il valore delle Persone in una sorta di sorprendente nuovo Rinascimento produttivo. Facciamolo onorando la open economy in cui stiamo navigando, un modello innovativo che ogni impresa che voglia progredire deve adottare per acquisire dall’esterno le risorse (startup, università, ecc.) che le occorrono per crescere e rendersi più forte e resistente, per “vincere” e fare la differenza. In ballo, ci dicono gli statistici, c’è una crescita potenziale del PIL che raggiunge il 2%...
Facciamolo perché seguitare ad aggirarsi nei meandri di un’economia “chiusa” significherebbe non attrarre né trattenere talenti, non generando soluzioni innovative e, quindi, non producendo futuro. Ecco: l’approccio open è il futuro. Ed è l’imago dell’innovazione. Facciamo un bel respiro e muoviamo il primo passo in direzione del domani. Da President & Founder di HRC Group, network di riferimento per le grandi Eccellenze produttive italiane e multinazionali, posso testimoniarvi velocissimamente il mio e nostro (visto che trattasi di un progetto che portiamo avanti con orgoglio insieme alla Regione Lombardia, da sempre faro d’avanguardia per progetti di questo calibro, spessore ed impatto) personale contributo in questa esatta direzione. Si chiama “Open Innovation”, e favorisce l’evoluzione del business model delle grandi imprese attraverso l’acquisizione di startup innovative e spin-off hi-tech con il fine precipuo di integrare nel proprio organico talenti ed innovatori di successo. La condivisione e la circolazione di idee innovative, in un’ottica “open source”, attraverso eventi di networking e meeting come questo promosso dalla Regione Lombardia, la partnership con università, centri di ricerca e incubatori è la strada giusta per innovare.
L'approfondimento di queste e similari tematiche sarà oggetto del workshop che modererò il prossimo 6 aprile presso la Regione Lombardia, e che seguirà l'evento #LombardiaèRicerca. L’invito per tutti voi che leggete è ovviamente a prendere parte attiva a questo nuovo ed intenso capitolo composto di futuro, innovazione, ricerca. Perché la ricerca, esattamente come sosteneva Socrate, porta alla verità.