Il lavoro agile è una questione di organizzazione
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Pubblicato il 09/08/2017
Ultimo aggiornamento: 25/07/2019 alle 20:24
Nel giugno scorso è divenuta attiva e applicabile a tutti gli effetti la legge 81 del 2017 che riconosce e regola il lavoro agile o smart working.
Si tratta di un testo molto interessante che stabilisce, fin dall’articolo di apertura (il numero 18, primo del Capo II che riguarda tale materia) come il lavoro agile, ovvero subordinato ma non legato a orari e luoghi di lavoro specifici, sia profondamente connesso ad una disegno organizzativo specifico,
Lo smart working, quindi, non è solo una questione formale, legata alla possibilità per i lavoratori di poter “lavorare da casa” per un giorno a settimana, ad esempio, o per alcune ore. Si tratta, invece, di disegnare un modello di produzione che consenta realmente un vantaggio reciproco, tra azienda e lavoratore, nell’ambito della conciliazione con gli impegni familiari, ad esempio, come pure di una più efficace e realistica dinamica tra autonomia e risultati attesi. E chiaramente il legislatore definisce la finalità della legge nell“incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”, suggerendo che ciò avvenga “con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi”.
Io sospetto che spesso il lavoro agile si trasformi una una sorta di “libera uscita” di “ora d’aria” che nulla cambia nelle questioni di competitività e conciliazione di cui la legge parla. Che ne pensate?