Blockchain e marketing televisivo: anche Mediaset Italia nella sperimentazione di Comcast
Michele Travagli
Pubblicato il 01/09/2017
Ultimo aggiornamento: 01/09/2017 alle 17:59
Si parla moltissimo di blockchain (la tecnologia che ha abilitato bitcoin) in questo periodo. Vorrei discutere di un esempio, tra i moltissimi possibili, di quello che la blockchain può abilitare.
Ciò che mi interessa, oltre a diffondere la conoscenza riguardo a questa tecnologia (qui un mio articolo con alcuni link interessanti per farsi un'idea sull'argomento), è discutere delle ricadute economiche, politiche e sociali che l'eventuale adozione di questa tecnologia porta con sé.
Visto che in uno dei miei travestimenti più riusciti, tra i mille lavori diversi che mi trovo ad affrontare, c’è quello del marketing e comunicazione, ho pensato di partire da questo tema, in particolare riguardo al settore televisivo. Dal mio osservatorio posso dire che siamo un paese complicato, dove si misura poco e si fa un po’ fatica ad affermare la logica dei numeri in comunicazione, specie nelle realtà medio-piccole.
Ma non ci si arrende, e ci si informa su come migliorare e proporre questi aspetti, e ci si guarda in giro. Data la mia passione per la blockchain mi sono imbattuto in questa notizia, uscita nel disinteresse general-nazionale il 20 Giugno, al Festival del Cinema di Cannes.
Comcast, il colosso del cavo e della televisione americana, proprietaria tra le altre cose di NBCUniversal, ha annunciato la sperimentazione di un servizio basato su blockchain e utile per il marketing e l’advertising televisivo e, più in generale, legato al video (immagino stiano studiando un approccio cross-mediale grazie alle capacità di misurazione del digitale).
Uno dei problemi più grossi degli advertiser, infatti, è la reperibilità di dataset utili a progettare campagne profilate al meglio, per raggiungere i propri target con precisione. La disponibilità dei dati, infatti, o è parziale e molto segmentata, quindi è difficile mettere insieme il dataset utile ai nostri scopi, oppure è affidata a enti di terze parti (come ad esempio Acxiom) a cui televisioni, produttori di contenuti, altri canali distributivi affidano, dietro pagamento, i propri dati. Questi enti poi rivendono a gente come me dataset precompilati.
Il progetto di Comcast, invece, prevede di mettere in comune questi dati in un dataset basato su blockchain, e di affidarne l’interrogazione ai marketer che comprano determinate categorie di questi dati stessi.
Annunciata quest’anno, diventerà operativa nel 2018 per un gruppo di importanti imprese del settore televisivo: NBCUniversal, Disney, Altice USA, Cox Communications, TF1 Group in France, Channel 4 in the UK e Mediaset Italia; sì, anche Mediaset Italia.
Questa soluzione presenta diversi vantaggi: l’informazione viene centralizzata e può essere distribuita in maniera sicura. E’ centralizzata perché se tanti soggetti partecipano alla catena, io, come marketer, avrò a disposizione una dataset più ricco a minor costo (tagliando fuori l’intermediario di terzo livello). E può essere distribuita in maniera sicura perché viene concesso l’accesso in maniera automatica (mediante smart contract) solo alle celle del database che servono. Questo impedirà, ad esempio, di poter incrociare gli ip di provenienze del dato stesso, rendendo impossibili identificazioni personali.
Immaginiamo uno scenario d’uso: io ho un contratto (smart) con Comcast per l’interrogazione della blockchain. A seconda della campagna che sto disegnando, interrogherò la blockchain per ricavare i dati che mi interessano. A priori so, in maniera trasparente, chi ha fornito i dati, e quali dati sono forniti, a questo database condiviso. Farò poi le mie interrogazioni, pagherò proporzionalmente, e automaticamente, rispetto ai dati che avrò consultato, e mi sarà impedito, come sarà impedito a tutti gli altri player, l’accesso ai dati sensibili (come l’ip).
Un disegno di questo tipo, se correttamente implementato, produce diversi effetti positivi:
- Protegge la privacy degli utenti
- Abbatte i miei costi per l’accesso ai dati
- Produce campagne più efficaci, incrementando così la mia propensione a spendere nel mercato televisivo
- Riduce i costi di gestione del dato da parte dei canali televisivi e dei produttori dei contenuti
- Aumenta il fatturato dei canali televisivi (data la mia aumentata propensione a spendere).
Al contrario, i miei dubbi riguardano la blockchain in senso più ampio. O meglio, riguardano l’implementazione di blockchain che nei fatti sono private e non a libero accesso (per quanto Comcast affermi che questa blockchain sarà sviluppata open source, e quindi con il codice accessibile a chiunque per verifiche varie). Ma di questo aspetto, che ritengo assolutamente interessante, parleremo ancora e ancora.
Ciò che preoccupa di più, però, è la conoscenza della tecnologia da parte dei decisori, a tutti i livelli della filiera. E ancora non mi è chiaro da dove si debba partire per informare.
A livello generale, la consapevolezza riguardo alla blockchain non esiste, quindi non sorprende che possa sembrare una cosa strana (in originale la bellissima espressione è “out of the left field”, ndM). Ad ogni modo, l’adozione di questa tecnologia è questione di “quando”, e non di “se”.
dice Ken Brook, co-funder e amministratore delegato di una startup che si occupa di blockchain, metaXchain.
E io concordo, in pieno.
La notizia, in un fumoso comunicato stampa di Comcast, la trovate qui.
Un’analisi più puntuale qui.