La teoria dei giochi rende le macchine creative
Annarita Tronchin
Pubblicato il 21/09/2017
Ultimo aggiornamento: 21/09/2017 alle 12:37
Alcuni anni fa, dopo un acceso dibattito in un pub di Montreal, Ian Goodfellow ha sognato una delle idee più intriganti nel campo dell’intelligenza artificiale. Applicando la teoria dei giochi, ha sviluppato un modello che consente ad un sistema di machine learning di apprendere efficacemente come funziona il mondo. Questa capacità potrebbe aiutare a rendere i computer più intelligenti evitando la necessità di doverli continuamente alimentare con informazioni categorizzate.
Goodfellow stava studiando come le reti neurali possono imparare senza la supervisione umana. Di solito, una rete necessita di esempi categorizzati e definiti per imparare efficacemente. Anche se è possibile imparare da dati non etichettati, questo in genere non funziona molto bene. Goodfellow - ora ricercatore in Google Brain - si è chiesto se due reti neurali possano lavorare in tandem. Una rete apprende sulla base di una serie di dati e genera degli esempi; la seconda risponde indicando se siano reali o falsi, permettendo al primo di modificare i suoi parametri e di migliorare. Una sorta di “sfida” tra le due reti.
Dopo essere ritornato dal pub, Goodfellow ha codificato il primo esempio di quello che ha definito un "generative adversarial network", o GAN. L'approccio delle reti neurali sfidanti ha migliorato notevolmente l'apprendimento da dati non etichettati. I GAN possono già eseguire alcuni trucchi sbalorditivi. Lavorando all’acquisizione delle caratteristiche di una raccolta di foto, ad esempio, un GAN può migliorare la risoluzione di un'immagine pixelata. Può anche creare nuove foto, realistiche ma false. Oppure applicare un particolare stile artistico ad un'immagine. "Possiamo pensare a modelli generativi in grado di dare all’intelligenza artificiale una nuova forma di immaginazione", afferma Goodfellow.
Fonte:
https://www.technologyreview.com/lists/innovators-under-35/2017/inventor/ian-goodfellow/