Antonio Santangelo

Antonio Santangelo

Pubblicato il 25/10/2017

Pubblicata il 25/10/2017 alle 09:53
Ultimo aggiornamento: 06/02/2018 alle 14:06
Immagine della discussione

La disoccupazione giovanile angustia i governi e l'intelligenza artificiale viene vissuta come una minaccia per tutti gli occupati. Ma l'innovazione non si può fermare. Diviene evidente la necessità di adeguare le competenze delle persone alla sfida dell'innovazione.
Alfonso Fuggetta, riprendendo uno stimolo del WEF, analizza il percorso formativo del nostro Paese, e invita le imprese a una riflessione profonda.

Fuggetta introduce una riflessione molto attuale sul rapporto giovani, formazione, occupazione, a partire da un'esperienza fatta alCefriel, di cui è AD. In un confronto con i responsabili risorse umane di imprese italiane ha utilizzato questa immagine, che sintetizza un possibile percorso formativo standard per un giovane:

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Da essa si deduce che un giovane che voglia percorrere tutta la carriera universitaria, sino al Phd, non arriva al mercato del lavoro prima dei 28 anni, se si ferma prima nel percorso universitario verso i 22-24 anni, a 19 se si limita all'istruzione secondaria.

La riflessione di Fuggetta si focalizza sulla necessità di non limitarsi a concentrare la formazione in questo lasso di vita, 20-23 anni cui seguono circa otto lustri di vita lavorativa. Il tempo risulta contemporaneamente troppo lungo e troppo breve: arrivare sul mercato del lavoro a 28 anni, se il percorso è complessivo e senza intoppi, può essere penalizzante se la formazione non è strettamente correlata con l'evoluzione dello scenario esterno, e altrettanto succede per il percorso più breve. Nello specifico italiano, poi, le imprese lamentano un'impreparazione di fondo dei giovani riguardo il mondo del lavoro

A mettere in crisi la concentrazione della formazione nella parte iniziale dell'esistenza contribuiscono lo sviluppo tumultuoso della tecnologia e l'avvento della globalizzazione, che rendono problematico limitare il tempo dell'acquisizione delle conoscenze. I successivi 40 anni circa di lavoro necessitano poi di interventi di adeguamento delle competenze, quando non implicano l'acquisizione di totalmente nuove.

Il tema del lifelong learning influisce allora su quantità, qualità e tempistica dell'acquisizione di competenze. Fuggetta, in sintonia con una discussione del World Economic Forum, suggerisce di trarre due conseguenze di fondo a questo proposito:
- focalizzare la formazione sull'acquisizione di strumenti per potenziare la capacità di apprendimento (imparare a imparare, dice)
- convincere le imprese a sostituire l'approccio orientato a minimizzare i costi richiedendo competenze immediatamente spendibili, evitando costi di formazione ulteriori, abbracciando invece un approccio orientato al life long learning per i dipendenti.
Ciò produrrebbe effetti virtuosi nel più lungo periodo.

E' probabile che vada ripensato tutto il sistema formativo di base. Oltre ad intensificare l'acquisizione di strumento orientati al problem solving e di materie scientifiche, andrebbero introdotte competenze legate alla comprensione dei meccanismi di funzionamento delle istituzioni. E' grave che un giovane non conosca i principi elementari del diritto e la costituzione del proprio Paese (abolizione dell'educazione civica), né le leggi di funzionamento basilari dei sistemi economici.
In questo può soccorrere l'alternanza scuola-lavoro, spesso abborracciata al punto da aver suscitato una avversione - pericolosa in un contesto come quello italiano ampiamente permeato di diffidenza nei confronti dell'impresa.
La discussione sulla revisione del sistema formativo è ancora più attuale alla luce degli esiti dei referendum regionali.

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