Vanda Lombardi

Vanda Lombardi

Pubblicato il 28/11/2017

Pubblicata il 28/11/2017 alle 11:23
Ultimo aggiornamento: 04/12/2017 alle 12:07
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La nuova era digitale ci porta sempre nuove esperienze e ci introduce anche nuovi personaggi, che via via prendono sempre più piede nella nostra quotidianità. Uno di questi è senza dubbio l’algoritmo; nei ricordi di chi come me condivide parecchi capelli bianchi, è un concetto che riporta alla matematica ma oggigiorno - e per i più giovani - rappresenta quella sorta di “motore logico” che contraddistingue il funzionamento dei servizi digitali. All’inizio gli algoritmi più famosi erano quelli elaborati per i motori di ricerca, le armi con cui si confrontarono Yahoo e Google; poi con Facebook si cominciò a parlare di quelli meno palesi ed oscuri, con cui Zuckemberg analizzava i dati utente e indirizzava scelte e funzionamenti del suo social network.

Con l’avvento dei più potenti strumenti di calcolo ed elaborazione e con la connessione totale, gli algoritmi rappresentano il modello specifico di funzionamento dei sistemi digitali, il modo in cui la Rete - per estensione e generalizzazione - opera scelte e attua azioni. In attesa di sistemi di AI maturi e operanti in modo autonomo, l’algoritmo è il terreno con cui ci confrontiamo rispetto al ruolo e al funzionamento delle “macchine”.

Così se il social network che stiamo utilizzando o il portale con cui operiamo ci propone certi contenuti (o utenti) e non altri, ce la prendiamo con l’algoritmo; se il nostro telefono ci riporta i risultati della nostra squadra del cuore e la prenotazione del nostro prossimo treno ma ha dimenticato il compleanno della nipotina, è ancora colpa e merito dell’algoritmo.

Insomma qualcosa in più della efficacia del software e ancora non ancora un vero e proprio robot aiutonomo, l’algoritmo rappresenta però un primo vero confronto tra Uomo e Computer.

E l’algoritmo è stato protagonista di un interessante “processo” organizzato lo scorso 24 novembre a Roma, da parte di PerLaRE - associazione per la retorica. L’evento ha messo sul banco degli imputati l'algoritmo per giudicarne la sua colpevolezza o innocenza. Le parti sono state Andrea Granelli – vice presidente di PerLaRe-Associazione Per La Retorica, fondatore di Kanso e autore di “Il lato (ancora più) oscuro del digitale” (Franco Angeli), quale difensore – e Guido Scorza, avvocato, giornalista, docente di diritto delle nuove tecnologie e autore, con Anna Masera, di “Internet. I nostri diritti” (Laterza), nella veste di accusatore. Il giudice è stata Flavia Trupia, presidente di PerLaRe-Associazione Per La Retorica.

Il processo all’algoritmo inizia da una domanda fondamentale: è vero che l’essere umano è – per sua natura – opaco, inaffidabile e propenso all’errore, mentre gli algoritmi non sbagliano mai, non vengono distratti dalle emozioni e sono – per costruzione – trasparenti e sempre in grado di spiegare il criterio con cui hanno deciso?

Sintetizzando le posizioni a favore o contro l’algoritmo:

L’algoritmo è un amico fedele, ma può essere invadente.

L’algoritmo fa trovare quello che cerchi, ma sa cosa ti piace, dove vai, cosa fai e con chi.

L’algoritmo ti difende dalla “valanga” delle informazioni, ma sceglie lui al tuo posto.

L’algoritmo non ha emozioni e non sbaglia mai, ma non cambia idea.

L’algoritmo è sempre al tuo fianco: è bene o è male?

Per la cronaca il verdetto è stato di colpevolezza ma gli organizzatori concordano sulla sintesi secondo cui l’algoritmo è innocente e colpevole è l’umano.

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