Può l’innovazione essere cauta?
Redazione Open Innovation
Pubblicato il 30/06/2020
Ultimo aggiornamento: 30/06/2020 alle 15:54
30 giugno 2020
* di Maria Cristina Pasi - Innovation strategist and Managing Partner IZAR
Lo sviluppo pandemico del COVID-19 ha generato l’ulteriore effetto di evidenziare tutte le debolezze e gli ambiti di miglioramento della rete in cui viviamo. Indipendentemente dal suo modo di diffondersi e dalla gravità dei suoi effetti, come un tracciante, permette di ottenere informazioni su tutti i sistemi ospitanti con i quali il tracciante stesso si mescola, diffondendosi in modalità passiva ed attiva e lasciando evidenti tracce del suo passaggio.
COVID -19 diventa, paradossalmente, uno strumento di innovazione, oltre a dimostrare l’essenzialità del rischio pandemico quale elemento imprescindibile in ogni innovazione futura nei più svariati settori.
Diverse domande si aprono agli innovatori e non sempre le risposte saranno coerenti con il modello di sviluppo sostenibile che la società umana si avviava ad intraprendere:
- il riciclo degli scarti, pilastro della economia circolare, può generare nuovi impatti ambientali. Ciò impone lo sviluppo di nuove metodologie di validazione delle sostanze secondarie che garantisca il blocco di ogni virulenza resiliente, includendo la tracciabilità
- la filosofia del riuso in alternativa all’‘usa e getta’ è sicuramente da mantenere, ma impone parallelamente nuovi sistemi di sterilizzazione, sostenibili e sicuri. Non esiste forse ora anche lo spazio per un usa e getta di nuova generazione?
- la necessità di trattamenti speciali delle acque, ulteriori rispetto a quelli esistenti, potrebbe incrementare in maniera significativa il consumo energetico, già di per sé alto, degli impianti di trattamento acque. Quanto ciò inciderà sulla decarbonizzazione?
- i progetti di decarbonizzazione, attraverso la spinta all’uso del trasporto pubblico, hanno subito un contraccolpo importante di fronte alla necessità di muoversi in sicurezza…
- di contro, il telelavoro, si è dimostrato uno strumento efficace, laddove strutturato, ai fini del recupero di produttività. Tuttavia, di nuovo, chiara è la traccia di una perdita della socialità individuale, come effetto sociale della digitalizzazione. Che tipo di società vogliamo essere?
È indispensabile dare spazio a nuove professionalità, aprire il sistema alle nuove generazioni, a nuovi modelli.
Ritengo che sia fondamentale intraprendere il percorso di creazione di nuove catene del valore, favorendo, ad esempio, una connessione radiale rispetto a quella lineare di filiera tradizionale. Vale a dire:
Connessione radiale
Connessione lineare
L’approccio non è cauto, tuttavia è supportato da una miriade di esempi casuali che, se strutturati in un modello di catena del valore radiale, produrrebbero un risultato di gran lunga superiore, favorendo l’inclusione di nuovi attori e professionalità in un ciclo virtuoso di “profitable social innovation”.
Un esempio personale storico che amo ricordare riguarda lo sviluppo esponenziale del mercato di un pigmento micaceo lamellare ad alta capacità di assorbimento di radiazione luminosa: nato per soddisfare l’esigenza puramente estetica di un materiale nero ad alta opacità, ha espanso il suo ciclo di vita nel coating di reattori chimici soddisfacendo il bisogno di un bassissimo attrito superficial e massimo assorbimento di elettricità statica.
Nell’era del COVID -19, Fase 3, posso citare soluzioni chimiche integrate che, nate per il trattamento di inquinanti specifici in matrici acquose nel settore del trattamento delle acque, risultano di massimo interesse nel riconoscimento e nella determinazione quantitativa del virus in questione in un ampio spettro di matrici, superando le tecnologie a oggi disponibili.
Mi chiedo: può l’innovazione essere cauta?
Non deve forse favorire la nascita di nuovi modelli di filiera che facilitino gli innesti bi e trilaterali per alimentare la crescita in maniera strutturata e a lungo termine?
Non dobbiamo forse impegnarci, senza tralasciare l’esistente, nella costruzione di nuove piattaforme di scambio che, garantendo la protezione del Know How e dei Brevetti, valorizzino la nostra offerta e facilitino, come sul banco di quel mercato antico che ha condizionato le sorti del mondo, lo scambio dei prodotti del nostro cervello in maniera radiale?
Non è forse questa nuova soluzione chimica tracciante così tecnologica un esempio di Social Innovation e Sustainable Growth?
Quali nuove professionalità tra le giovani generazioni potrebbero sviluppare un modello radiale di filiera a supporto di nuove catene del valore?