Donne e impresa: quanto è diffuso questo binomio in Italia? Ancora non abbastanza.
In Italia solo un’impresa su cinque è guidata da una donna.
Secondo i dati di Unioncamere, a fine settembre 2022 le aziende femminili erano più di 1 milione 342 mila: ovvero soltanto il 22,18% delle imprese italiane. Anche qui, l’Italia è indietro rispetto al resto della UE dove la percentuale media si attesta intorno al 32%.
Anche per questo, nel 2022 è stato costituito il Fondo nazionale Impresa Femminile, con una dotazione di 200 milioni di euro ben presto esauriti.
Startup innovative: qui il segno è positivo
Segnali positivi si registrano però quando si guarda alle imprese più innovative.
I dati elaborati da InfoCamere per l’Osservatorio sull’imprenditorialità femminile di Unioncamere indicano infatti una crescita: sono 2 mila le startup innovative femminili registrate a fine settembre 2022, 572 in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Cifre che si spiegano anche con la pandemia, durante la quale molte donne hanno dato vita a questa particolare tipologia di impresa specializzata in sviluppo, produzione e commercializzazione di un prodotto o servizio ad alto valore tecnologico.
Nel complesso però anche in questo campo ci sono amplissimi margini di miglioramento. Per dire: negli Stati Uniti, Paese che da sempre associamo all’innovazione, ben il 71% delle startup non conta nemmeno una donna all’interno del proprio board, mentre il 57% delle startup non vede presenze femminili in nessuna delle posizioni di vertice.
Eppure, l’incremento delle imprenditrici potrebbe rappresentare una leva potente, se si pensa che il 38% delle imprenditrici tende ad avere una forza lavoro composta in maggioranza da donne (tra il 75% e il 100%).
O ancora, la Silicon Valley Bank certifica che negli USA le startup fondate anche da donne hanno il doppio delle probabilità di ricevere investimenti rispetto a quelle fondate da soli uomini.
Occupazione femminile, ultimi in Europa
La situazione non è migliore a livello della generica partecipazione femminile al lavoro che, come è noto, da noi è la più bassa della UE secondo l’agenzia europea Eurofund; in l’Italia infatti lavora solo il 54,4% delle donne), rispetto alla media europea del 63,5% e per tacere del primato della Svezia (che vanta il 77,6% di occupazione femminile).
Una questione sociale? Certo, ma anche economica: questo dato si traduce in una perdita pari al 5,7% del PIL, mentre si stima che aumentare la quota di occupazione femminile produrrebbe nuova ricchezza per un valore pari all’11% del PIL.